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Magali

Magali
mercoledì 28 febbraio 2018
Non ci crederete 😲, ma oggi non vi parlo di Parigi, ma di Berlino!
Non tutti sanno che gli abitanti della capitale tedesca sono molto cortesi: mentre stai per salire su un autobus, ti può capitare che chi sta scendendo ti regali il suo biglietto ancora valido.
I berlinesi hanno una gentilezza innata: durante il mio ultimo viaggio, stavo guardando la vetrina di un negozio e mi ero abbassata a tal punto, perché volevo vedere il numero di un paio di stivali esposti, che un passante si è subito avvicinato per aiutarmi, pensando che fossi caduta!😁
Un’altra loro caratteristica, o meglio una vera e propria fissazione, è quella del riciclo, non è una moda recente, come da noi, ma radicata nel tempo, forse dovuta ai tanti momenti di difficoltà attraversati: il berlinese non spreca. Camminando nella città, specie nei quartieri residenziali, si possono vedere degli scatoloni sui marciapiedi. Di primo acchito possono apparire come spazzatura e questo, a chi non conosce quest’usanza, può apparire anomalo in una città così pulita ed ordinata, infatti non si tratta di immondizia abbandonata incivilmente e se ci si avvicina, si nota la scritta “da regalare”. Questo significa che si può prendere lo scatolone, è roba che non si utilizza più, ma non si vuole vada sprecata e la si lascia con la speranza che qualcuno la prenda e questo accade sempre, perché tutti sanno che dentro la scatola si potrà trovare qualcosa che potrebbe non servirci, ma che sicuramente sarà in buono stato.
Oltre alle scatole "regalo" è pratica comune lo scambio di libri usati.
Per regalare di tutto e di più c’è addirittura un sito internet in cui i berlinesi propongono oggetti usati o anche nuovi, ma inutilizzati, che donano o che scambiano con beni simbolici (carta per stampante, carta igienica, latte, caffè) e chi è interessato non ha che da scrivere una mail. Ci si può trovare di tutto dalle pantofole nuove, al divano usato, a scrivanie, robot da cucina.
L’altro giorno si offriva una poltrona Ikea in cambio di una confezione dei famosi orsetti Haribo!
Gente strana ‘sti berlinesi! 😉
martedì 27 febbraio 2018
Oggi vi parlo di questo libro
Vi ho già parlato del suo autore Alan Bennet, che a me piace molto. Di solito quando leggo volentieri un libro, di solito seguono anche gli altri che ha scritto.
I protagonisti sono i coniugi Ransome, sposati, senza figli, da oltre trent’anni, lui un avvocato noioso, il cui unico sprazzo di vitalità è rappresentato dalla sua fissazione per Mozart, lei è una casalinga che si rende conto di quanto sia scialba la propria vita confrontandosi con i talk-show pomeridiani.
Il grigiore della loro vita abitudinaria viene sconvolto da un evento clamoroso: il loro appartamento viene svaligiato, ma si tratta di un furto clamoroso, in quanto a loro viene rubato tutto assolutamente tutto. Tornano a casa e trovano una casa completamente spoglia: la cucina con tutti i mobili, i piatti, le posate e persino lo sformato destinato alla cena, il letto, gli armadi, tutto il mobilio e il suo contenuto, gli asciugamani del bagno e persino il portacartaigienica con annesso rotolo. Se dico tutto, vi assicuro è veramente tutto.
Tutto questo è assolutamente catastrofico, ma si rivelerà una vera e propria iniezione di adrenalina per uscire dalla routine in cui erano sprofondati i coniugi Ransome. Superato il trauma iniziale, questo evento porta una ventata di nuovo, una spinta a "esplorare", a far nuove conoscenze, al dialogo tra i due protagonisti. Insomma a un modo di vivere diverso e, forse, migliore.
Soprattutto lei inizia ad uscire dalle proprie abitudini, ad entrare in negozi del quartiere in cui non era mai entrata, ad arredare la casa con elementi stravaganti, inizia pian piano a “trasgredire”. Il marito invece è più legato agli schemi, ai suoi bassi peccatucci. In alcuni punti questo libro ha aspetti divertenti, ma rimane veramente una lucida descrizione della classe borghese londinese.
La signora Ransome riesce a scoprire il mandante del furto e la sua motivazione, da questo riesce a ritrovare tutte le cose contenute nel suo appartamento e a conoscere una coppia molto particolare.
Non vi svelo il finale del libro, ma posso dirvi che mi è piaciuto tantissimo: la trama, lo stile della narrazione ed anche l’epilogo.


lunedì 26 febbraio 2018
La neve rende tutto più bello, tutto assume un sapore magico.
Alcuni scatti dietro casa mia.
domenica 25 febbraio 2018
Siete nel posto giusto
Esprimete un desiderio!
sabato 24 febbraio 2018
Oggi un'altra torta con la pasta matta e un ripieno matto! Il connubio pere, indivia e gorgonzola, porta ad un risultato dal gusto armonioso, inusuale e, soprattutto, da leccarsi i baffi!
La vostra sicuramente avrà un aspetto migliore, io ho ancora un forno a gas (ha appena compiuto 31 anni) e il calore arriva solo dalla parte inferiore.
Torta matta pig - Pere, Indivia, Gorgonzola
per la pasta per una tortiera di cm 23 di diametro:
125 g di farina
125 g di farina ai cereali
125 ml di acqua
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio di olio extra vergine d’oliva

per il ripieno:
2 indivia belga
1 cucchiaio di succo di limone
1 cucchiaino di zucchero
2 pere sode
125 g di ricotta
60 g di gorgonzola
1 uovo
10 g di burro
100 ml di panna di soia
10 g di burro
olio di oliva
sale
pepe

Preparazione:
per la pasta matta: in un recipiente (io ho utilizzato un comune robot da cucina) mettete le farine, il sale e l’olio e aggiungere, poco per volta l’acqua finchè non si otterrà un impasto elastico, ma non troppo compatto. Avvolgere la pasta matta nella pellicola e farla riposare per almeno 30 minuti in frigorifero.
Sciacquate l’indivia, asciugatela e tagliatela in metà nel senso della lunghezza.
Mettetela in una padella con un filo d’olio, aggiungete il limone e lo zucchero. Fate rosolare da ambo le parti. Aggiungete un pochino di acqua, salate e pepate, coprite e fate cuocere a fuoco dolce per 20 minuti circa. Togliete dal fuoco e mettete da parte.
Preriscaldate il forno a 200°.
Pelate le pere, privatele del torsolo, tagliatele a dadini e fatele saltare in padella con una noce di burro per 10 minuti circa, regolate di sale.
Tagliate ogni metà invidia ancora una volta, quindi in quarti.
In un’insalatiera lavorate la ricotta, la panna, unitevi l’uovo, sale e pepe, amalgamate bene.
Stendete la pasta e mettetela nello stampo foderato di carta forno,
Adagiatevi l’indivia, negli spazi rimasti i dadini di pera e il gorgonzola tagliato a tocchetti.
Versate sopra il composto di ricotta e uovo.
Infornate e fate cuocere per circa 30 minuti.
Se non la mangiate subito o la tenete per il giorno dopo, prima di servire vi consiglio di riscaldarla nel forno a microonde, ne acquisterà in morbidezza.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”.
venerdì 23 febbraio 2018
Lo so finisco spesso per parlarvi della nostra vita, Magali mi rimprovera che di lei parlo poco, ma in questo grande caos del mio vivere ho una grande fortuna di avere tante “presenze”. Amicizie che conosco personalmente, altre solo virtualmente che sono solo in apparenza lontane, che mi capiscono profondamente e mi ascoltano, altre lontane, ma presenti sotto svariate forme. Per me che mi ritengo una "senza famiglia" ognuno di queste persone acquista una valenza determinante nei miei pensieri (care "presenze" prima o poi parlerò di ognuna di voi, vi tocca!😲)
La scorsa settimana nel post sulla torta dell'amicizia vi ho parlato di Loredana, avrei in quell'occasione desiderato parlare più approfonditamente di lei, ma un post tutto suo è meglio!
Un’anima che mi tiene compagnia tutte le mattine, la immagino una donna concreta, che non ha dubbi (vedi immagine 😁) legata alle sue origini, che, anche in una possibile giornata buia, non si lamenta e mette le mani in pasta. Dalla sua cucina sforna tante, tante torte di mele 😉, ma anche tantissime altre delizie 😋 e il suo blog ne è testimonianza. 
Ha anche tantissimi altri talenti, credo che non ci sia nulla che non sappia fare, perché è tosta e ha sempre voglia di imparare cose nuove, in realtà, è una donna bionica, praticamente il mio opposto😁
Ogni mattina attendo la sua colazione su FB, dà il via alla mia giornata e, spesso, in sintonia con il mio sentire (empatia?), è invitante, colorata, sana, godereccia, chissà! L'unica certezza è un ingrediente immancabile: l'amore con cui le prepara.
Credo che meglio delle mie, alcune sue affermazioni la descrivano appieno.
“Anche io sono per il fare, per il provare sempre nuove cose, per l'entusiasmo che la vita si merita, perché, come recita un proverbio abruzzese "dormiamo nel letto che ci rifacciamo" e viviamo la vita che ci costruiamo, a partire da ogni singolo giorno (e aggiungo anche da ogni singola colazione).”
“Mi piace poter trovare ogni giorno qualcosa di nuovo e inaspettato nei tuoi post.”
“Mi piace tutto ciò che mi emoziona, dalla goccia di pioggia su un filo d'erba alle opere d'arte, purchè ci sia cuore.”
giovedì 22 febbraio 2018
Post corto, ma intenso, oggi va così! Magali è stanca e io anche!
Ci sono parole che vanno di moda come vegano, vegetariano, fruttariano, altre desuete come marsina, carrozza, tabarro e altre che fa "figo" usare come empatia.
Empatia deriva da en dentro e pathos sentimento, una dote che permette di mettersi al posto di un'altra persona, di percepire il suo sentire. L’empatia ci porta a comprendere come vive il mondo una persona diversa da noi, le difficoltà che incontra: immedesimarsi al punto di "sentire" come l'altro.
Quante volte abbiamo pensato di essere empatici e quante volte abbiamo abusato di questo termine?
Girovagando in rete ho visto questo video cliccate QUI se avete piacere di vederlo, fa riflettere, anche molto direi.

mercoledì 21 febbraio 2018
La vita, per me, è composta da piccole cose.
A me piace foderare i libri: per quelli di narrativa i pochi ormai cartacei che leggo, uso semplicemente della carta da pacchi, e facevo così anche per gli altri "più importanti" come quelli di cucina e fotografia e mettevo loro una semplice triste etichette. Poi mi è venuta un'idea derivante dal fatto che questi libri, solitamente, hanno delle belle copertine, invece di foderarli solo con semplice plastica trasparente, io digitalizzo la copertina, la stampo su carta adesiva e poi la applico sulla carta da pacchi che fodero a sua volta con la plastica (che potete anche omettere). La fodera praticamente è doppia e più resistente e potete vedere il risultato.
martedì 20 febbraio 2018
Oggi abbiate la pazienza di leggere fino in fondo, seguendo i miei pensieri l'ho presa un po' alla lontana!
L’altro giorno mentre scrivevo un post, le parole apparivano rapidamente sullo schermo e, seguendo il filo dei miei pensieri, mi è venuto in mente che io avendo avuto la fortuna/sfortuna di essermi diplomata in ragioneria avevo studiato dattilografia e quindi scrivo molto velocemente, senza guardare la tastiera, usando tutte le dieci dita. Riflettevo sul fatto che questa materia dovrebbe essere obbligatoria in tutti gli istituti superiori, soprattutto adesso in cui la grafia si utilizza sempre meno, per non parlare della calligrafia che ormai è privilegio di pochi …
Invece mentre sto scrivendo questo post non riesco a spiegarmi, perché io l’unica di tre figli, fui obbligata ad iscrivermi all’istituto tecnico commerciale, non al liceo, perché dovevo avere un diploma “finito”. A quei tempi si usava definire tale conseguire un diploma che non ti "obbligava" a continuare gli studi. Io, da testarda, quale sono sempre stata, mi sono diplomata, ma ho deciso di proseguire, guadagnandomi i soldi per le tasse universitarie dando ripetizioni, facendo la babysitter e altri lavori saltuari, ma, nonostante le insistenze dei miei genitori che mi spingevano verso giurisprudenza o economia e commercio, scelsi architettura, senza avere alcuna nozione di disegno e analisi matematica. Mi sono laureata, quindi, lavorando, accudendo i miei genitori gravemente malati, studiando la notte, perché da sempre sono convinta che lo studio apra la mente, ti renda curioso, attento, ti alleni ad alimentare, nel corso della vita, la ricerca della conoscenza, dell’apprendere ed è un patrimonio inestimabile che nessuno ti potrà portare via. Tutto questo non è solo dato dalle nozioni che si “incamerano” durante il percorso universitario, ma dal ricercarle, organizzarle e, soprattutto, dal concatenarle. Come in tutti gli ambiti da un inizio, ci si collega ad una sequela di eventi, situazioni, in questo caso, di informazioni che vanno a riempire le nostre utopiche valigie, che nel corso della nostra vita svuoteremo chissà quante volte per poterle nuovamente riempire di interessi, curiosità, passioni! Io ho un pessimo carattere, ma ho una dote peculiare: la tenacia, che unita alla convinzione dell’importanza dello studio, inteso nella sua accezione più ampia, mi hanno spinto a non mollare, nonostante i periodi di dubbio e le difficoltà, e ad arrivare alla meta. La motivazione primaria deve essere quella di fare veramente un favore a se stessi, impegnandosi nello studio e ricordiamo che lo si può fare a qualsiasi età.
Mi farebbe piacere se queste parole fossero di sprone anche solo ad uno dei vostri figli o nipoti, e un ultimo consiglio, quando pensate di non farcela ascoltate “non farti cadere le braccia”, è una canzone d’altri tempi, desueta, ma quante volte prima di un esame, in un momento di sconforto l’ho ascoltata e se ce l’ho fatta è stato anche merito di Bennato.😉

Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo,
noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo.
Leo Buscaglia

Lo studio e, in generale, la ricerca della verità e della bellezza
sono una sfera di attività nella quale ci è consentito di rimanere bambini per tutta la vita.
Albert Einstein

Lo studio è come la luce che illumina la tenebra dell’ignoranza,
e la conoscenza che ne risulta è il supremo possesso,
perché non potrà esserci tolto neanche dal più abile dei ladri.
Lo studio è l’arma che elimina quel nemico che è l’ignoranza.
È anche il miglior amico che ci guida attraverso tutti i nostri momenti difficili.
Dalai Lama

Lo studio è la migliore previdenza per la vecchiaia.
Aristotele

Tutto ciò che impari, t’applica a impararlo con quanta più profondità è possibile.
Gli studi superficiali producono troppo spesso uomini mediocri e presuntuosi.
Silvio Pellico

Un’università dovrebbe essere un luogo di luce, di libertà e di studio.
Benjamin Disraeli

Si è uno studente finché si ha ancora qualcosa da imparare,
e questo significa per tutta la vita.
Henry L. Doherty

lunedì 19 febbraio 2018
La donna del caffe’
Nel ringraziare ancora Helga dell’ospitalità, ho pensato di raccontare, a chi avrà voglia di leggermi, un episodio accadutomi di recente.
Come probabilmente non sapete io ho un lavoro un po’ diverso dal solito, ho proseguito il lavoro di mio padre e gestisco una piccola azienda di allestimento stand, curo sia il progetto che la “costruzione”.
Gli stand sono quelle strutture più o meno piccole e più o meno complesse, che le aziende usano per presentare i loro prodotti ed incontrare clienti e rappresentanti nelle varie fiere che, divise per
tipologia, si svolgono in Italia ed in Europa.
E’ un lavoro che, quindi, mi porta spesso a viaggiare per l’Europa ed a vedere città e conoscere le persone più varie.
Ultimamente ero a Monaco di Baviera per una fiera: i giorni di allestimento sono solitamente congestionati, praticamente una baraonda con persone che corrono di qua e di là portando materiali, montando pareti, mobili, verniciando, pulendo, il tutto si svolge in un caos creativo che può ricordare quello degli studi cinematografici.
Come potete immaginare si e’ sempre in ritardo ed il giorno dell’inaugurazione lo si vede quasi come il giorno del giudizio. Ogni momento è, quindi, importante, perché il tempo scorre inesorabile non lasciando neanche un attimo di tregua al punto di dimenticarsi di bere o mangiare.
Proprio in quei momenti, quasi per magia, compare “la donna del caffè”, una signora che con un carrettino gira per i corridoi scansando pannelli, attrezzi, materiale di scarto, imballaggi, per portare ristoro ad una marea di gente indaffarata.
Ogni fiera specie in Germania ha “la sua donna” (più raramente un uomo), solitamente indossa qualcosa di colorato o caratteristico e spingendo un carrettino, anch’esso personalizzato, fa capolino in ogni stand chiedendo se si desidera qualcosa.
Normalmente sono contatti rapidi… i tempi sono sempre ristretti… Ma questa volta il suo ultimo passaggio ha coinciso con il termine del nostro lavoro e tra un caffè ed un dolcetto ho avuto modo di osservarla con più calma: era una donna parecchio anziana, con un cappello nero caratteristico tipo quelli delle streghe, il suo carrettino era dipinto di rosso con dei dischetti neri ed una scritta Kafer ... letteralmente maggiolino e non coccinella, come mi sarei aspettato ... era davvero particolare, ma il tempo di pensare di scattare qualche foto e lei si era già allontanata.
“Pazienza” penso, ma poi mi dico “Perchè no?” Il lavoro era a buon punto e potevo dedicare un attimo a cercarla.
Cammino tra i vari corridoi, cercandola, finchè, in lontananza, intravedo solo il suo carrettino, ma lei stranamente non c’era…
Mi avvicino e la scorgo, ho faticato a trovarla, perchè si è tolta il cappello, è entrata in uno stand, in cui, come attrattiva, avevano parcheggiato un vecchio furgone Ford coloratissimo attrezzato a camper e posizionato davanti ad una parete con una gigantografia di una spiaggia, mare ondoso e ragazzi con le tavole da surf.
Sono sul bordo dello stand e la osservo vicino al furgone accarezzarne la carrozzeria, quando lei se ne accorge mi rivolge la parola in tedesco, le dico che non capisco bene e lei prosegue in inglese raccontandomi di come lei da ragazza avesse per le vacanze un camper simile, il classico Volkswagen Bully anni ‘60 e come avesse notato ora che le lamiere del Ford fossero più spesse e quindi sarebbe stato un mezzo migliore. L’anziana signora nota che sono colpito e che osservo con insistenza il carretto rosso con le macchie nere “coccinella” ed allora prosegue e mi racconta di come avesse, sempre in gioventù un maggiolino cabriolet, e da quel ricordo era derivato prima il nome del carretto e poi il suo colore.
Io sorrido ed annuisco, lei, a sua volta, ricambia e si allontana lasciandomi un senso di comunione di pensieri e ricordi così intenso ed inaspettato tra persone diverse e sconosciute, tale sensazione è così profondamente positiva al punto da farmi continuare a sorridere tra me e me e a farmi stare bene. Attendo un attimo e, in lontananza, le scatto qualche foto e torno al lavoro.
Fabio B.

domenica 18 febbraio 2018
Venerdì avevamo pubblicato le foto della plumbea Senna, sabato l'ultimo giorno della nostra permanenza a Parigi, visto che il sole aveva fatto capolino sono ritornata per mostrarvela sotto un'altra luce.

sabato 17 febbraio 2018
Nel preparare questa torta il nostro pensiero si è rivolto a Loredana, perchè lei è amante dei dolci con le mele e ne sperimenta tantissimi con assoluta curiosità e bravura. Possiamo apprezzare queste sue doti solo attraverso lo schermo 😖 Ho dimezzato le dosi 😉, ma avrei dovuto fare più pasta perchè ho avanzato del ripieno che ho fatto cuocere senza guscio, io ho preferito la monodose, ma sicuramente lo stampo grande rende altrettanto bene.
Torta di mele dell'amicizia
Ingredienti per 4 tortine da 9 cm di diametro:
per la pasta brisée:
100 g di farina
50 g di burro
3,5 cl di acqua
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale
per la farcitura:
1 mela grande
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 uovo
12,5 g di zucchero
1 cucchiaio scarso di farina
10 cl di panna (io ho utilizzato quella di soia)
1 spruzzata di cannella in polvere
succhero a velo

Preparazione:
per la pasta brisée: nel robot mettete la farina, il burro freddo di frigo, l’acqua fredda, lo zucchero e il sale. Avviate alla massima potenza e nel giro di pochi minuti si formerà una palla. Avvolgete nella pellicola alimentare e mettete in frigo fino al momento di utilizzare.
Stendete la pasta, imburrate le teglie e rivesti tele con la pasta brisée, fate cuocere in bianco per circa 7 minuti a 180° in forno preriscaldato.
Pelate la mela e tagliatela a dadini, mettetela in una scodella, spolverizzatela con lo zucchero, mescolate e coprite affinchè non si ossidi.
In una scodella sbattete l’uovo con lo zucchero, aggiungete la farina e la panna, la cannella e mescolate.
Mettete le mele sulla pasta cotta in bianco e poi distribuite la crema su ogni tortina.
Infornate in forno preriscaldato per 20/30 minuti, fin quando non siano dorate.
Togliete dal forno e dagli stampi e lasciate raffreddare su una griglia. Spolverizzata con zucchero a velo.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
venerdì 16 febbraio 2018
La Senna, ieri, con il livello dell'acqua quasi al limite, i passaggi pedonali sommersi, il cielo plumbeo pare assumere un volto umano, come si ribellasse, avesse desiderio di libertà e di affermare la sua immane potenza.

giovedì 15 febbraio 2018
Chissà se qualcuno non vede l’ora di leggere le mie riflessioni, di sapere ciò che mi frulla in testa.
Magali spesso mi chiede come mi vengano in mente e il perché di tutto questo “macinio” cerebrale. La risposta è semplice e molteplice: sono una persona che vive moltissimo tempo in solitudine, mentre pulisco, cucino, cammino, penso, mi pongo delle domande, per me è assolutamente normale e c’è un perché, anzi un PERCHE’ a tutto ciò. Evito in questo modo di farmi seghe mentali, di addentrarmi in qualche meandro angosciante del mio essere. Ognuno di noi sa perfettamente che mettendosi a pensare ad un problema da risolvere, ad una preoccupazione (e chi non ne ha?), innesca una spirale che lo attira in un vortice senza costrutto. Forse per questo motivo mi ritrovo a pensare a problematiche esistenziali in senso lato, mettendo così all’opera il mio cervello sempre in continuo movimento.
Nel corso della mia vita ho elaborato questa teoria, una sorta di ancora, di valvola di sicurezza, come d’abitudine ne ho parlato con Magali e lei mi ha detto che se mai può essere utile anche a voi. Vivere con una gatta zen ha i suoi vantaggi!
Quando ho un problema da risolvere o una situazione da affrontare, soprattutto invecchiando, con il passare degli anni le esperienze iniziano a diventare più pesanti, mi affanno di più rispetto ad un tempo. Mi sento stretta in una morsa di angoscia che mi pare di sentire tangibilmente. Ritornando al concetto espresso in precedenza me la devo, come si suol dire, “cantare e suonare da sola”, perché lo sono fisicamente ed anche perché sono convinta che il condividere, per quello che mi riguarda, spesso non porta ad un sollievo, ma solo a tediare il prossimo. Ho escogitato un escamotage (ho controllato è maschile, quindi senza apostrofo!): penso a ciò che sto vivendo, lo analizzo e mi creo una via di fuga, un modo per uscirne in caso non ce la facessi più a reggere. Lo so non sempre è possibile, ma non si tratta di trovare la soluzione definitiva, ma solo un espediente per allentare la tensione, che può essere se si è bravissimi una soluzione alternativa oppure, anche solo, una piccola cosa come bere un the, andare a fare una passeggiata per sgombrare la mente, guardare vecchie fotografie, accarezzare Magali, preparare un dolce, leggere un libro, passare dal nostro blog per vedere cosa ci siamo inventate!
Una cosa pratica, gradevole che distragga la nostra mente e doni serenità, gioia e buonumore.
mercoledì 14 febbraio 2018
Non si scappa oggi è San Valentino (ed anche il mio anniversario di matrimonio) e che ci piaccia o meno, in questo periodo, i cuori ci circondano!
Essendo a Parigi e girozolando molto più che a Torino, ho deciso di dare inizio ad una vera e propria caccia al cuore & Co. E ne ho scovati per tutti i gusti ed ognuno di voi potrà identificarsi. E parafrasando te cara Loredana😉, lascio a voi l'imbarazzo della scelta! 

Per voi anime appassionate

Per voi anime in cerca di conferme

Per voi anime decise

Per voi anime deluse

Per voi anime sognatrici

Per voi anime spensierate

Per voi anime che vi mettete in gioco

Per voi anime creative

Per voi anime indecise

Per voi anime nostalgiche

Per voi anime dolci

Per voi anime lacerate

Per voi anime passionali

Per voi anime poetiche

Per voi anime ribelli

Per voi anime perseveranti

Per voi anime solitarie
Auguro a tutte voi care anime che mi avete seguito fin qui di ricevere oggi un messaggio come questo
martedì 13 febbraio 2018
La fontana Saint Michel a Parigi è situata nel sesto arrondissement, (suddivisione dei quartieri parigini), all’angolo tra Boulevar Saint-Michel e la Place Saint André des Arts. Fu commissionata dal Barone Haussmann prefetto del dipartimento della Senna dal 1853 al 1870 sotto Napoleone III e proprio da lui ebbe l'incarico di rinnovare Parigi tra il 1852 e il 1869, predisponendo e attuando un vasto piano di ristrutturazione. Napoleone III gli conferì anche il titolo nobiliare di barone.
In questa fontana è rappresentata la vittoria del bene sul male, la lotta tra l’arcangelo Michele che uccide il diavolo., in realtà quello che più mi colpisce ogni volta che ci passo,  sono queste bizzarre figure derivanti dalla mitologia greca.
La chimera alata, solitamente rappresentata, con la testa di leone, il corpo di capra e  coda e ali di drago. Attualmente utilizziamo il nome classico di questa bizzarra curiosa creatura a qualcosa di indefinito, irraggiungibile, utopico. Oggigiorno ricorriamo al nome classico di questa curiosa creatura per idenficare qualcosa di indefinito, irragiungibile e, soprattutto, utopico. 
Chimera alata di Henri-Alfred Jacquemart
lunedì 12 febbraio 2018
Molti dei nostri lettori conoscono Giacomo, l’ormai famoso gatto rosso che viene nella nostra casa al mare da ben tre anni.
Per tutti questi anni abbiamo “macinato” tanti chilometri (ogni andata e ritorno sono 1000 chilometri) per vedere se stesse bene e per nutrirlo e lasciargli scorte di cibo con l’aiuto anche dei nostri amici Pia e Roberto.
Poi pensando che avesse trovato una famiglia, l’abbiamo portato a Torino, ma questa ipotesi è sfumata e lui è rimasto con noi solo che purtroppo, pur volendogli molto bene, per motivi di allergia, del caratteraccio di Magali e problemi di logistica non potevamo tenerlo, ma intanto il tempo passava e ci siamo affezionati ancora di più a lui.
Abbiamo pianto tanto quando abbiamo finalmente trovato una nuova casa per lui, avevamo paura che soffrisse e non si abituasse subito ed invece complice l’amore lui si è subito ambientato e con le sue guanciotte in cambio sta donando tanta gioia!
A noi manca tantissimo, perché ogni grammo dei suoi 5 chili e mezzo è simpatia pura!
E’ veramente un buon micio affettuosissimo e la casa del mare, senza di lui, non sarà più la stessa, non staremo ore ad aspettare che dal muretto spunti il suo musetto, non “macineremo” più tanti chilometri per andare a vedere se sta bene. Anche qui a Torino ormai vederlo, accarezzargli la panciotta, parlargli era diventata una consuetudine. Chi non ha un animale non può comprendere di quanto possa riempire la vita e il vuoto che possa lasciare andando via. Solo Magali, che non sopporta i suoi simili, è stata contenta!
Mi domando se i gatti, come noi umani abbiano memoria, chissà! Per noi Giacomo avrà sempre un posto speciale nel nostro cuore, ma sappiamo che lo aspetta una vita serena e protetta, ricca di affetto e coccole, in cui non dovrà cercare riparo la notte, né difendersi dal freddo, nè temere qualche umano cattivo e procacciarsi il cibo durante la nostra assenza, pensando a tutto questo, con dispiacere nel cuore, venerdì nove febbraio, lo abbiamo lasciato andare.
Ringraziamo tantissimo Bruna, Roberto e Andrea che lo hanno accolto come un principe, sono amici cari che, dopo aver sofferto per la perdita della loro amata dolce Cleo, hanno deciso di donare il loro amore a un altro pelosotto, aprendo la loro casa e, soprattutto, il loro cuore al monello rosso! Sono stati pazienti, comprensivi come poche persone avrebbero fatto, spinti solamente dal sentimento, dal desiderio di accogliere Giacomo e iniziare insieme una nuova vita ricca di affetto!
Questa foto me l’ha mandata Bruna e come vedete si è ambientato benissimo!
Giacomo ti vogliamo tutti tanto bene!!!
domenica 11 febbraio 2018
Oggi avremo voluto scrivere un altro post, ma la connessione che abitualmente usiamo durante gli spostamenti non va e quindi far tutto dal cellulare (che comunque ringrazio per la sua fedeltà caro iPhone 4s) è abbastanza difficile per una vecchia signora. Potrei sfruttare i giga del cell dal pc, ma sempre per il fatto che "non ho più l'età" 😄della serie anche no! 😳 E Magali non è da meno! 😸
Annoteremo tutto quelli che abbiamo da dire tra i nostri appunti cartacei (Santa carta) e ve li proporremo prossimamente.
Speriamo nei prossimi giorni di riuscire a pubblicare. Voi sapete che, ormai, farci tacere è difficile, quasi impossibile. 😹😂
Il post che leggerete era in bozza e speriamo vi sia gradito ugualmente. Non potremo sicuramente essere più noiose e monotone del festival appena concluso! 😄😁😺
Vi abbiamo già parlato di Edith, i suoi disegni sono così belli che abbiamo pensato di continuare ...

Tutta la natura la natura sembra al lavoro
Le lumache fanno capolino dal loro guscio
Le api sono eccitate
Gli uccelli sono in volo
E l'inverno sonnecchia
Ma all’aperto
Indossa sulla sua faccia
Un sogno di primavera
                              S.T. Coleridge



sabato 10 febbraio 2018
Abbiamo preso spunto da questa ricetta, ma l’abbiamo modificata e qui vi vedrete la nostra versione realizzata con la zucca di Iucci.
Le dosi della pasta matta sono quelle che da sempre utilizzo e poi ho preferito aggiungere del formaggio di capra e dell'emmental, per dare un po' più di gusto rispetto alla mozzarella, in unione con la zucca ci sembrava dessero più "brio". Come vedete dalla foto "tagliata" appaiono proprio due strati definiti.
Se vi avanza un po' di pasta non fate come me che l'ho messa in attesa nel frigorifero, mentre farcivo la torta, e me la sono dimenticata 😬, fate qualche forma per decorare la vostra torta rustica!
Se vi è piaciuta questa ricetta e volete qualche altro spunto su altre torte con la pasta matta, noi ne abbiamo sperimentate diverse e le potete trovare QUI e ancora QUI e poi QUI!
Torta matta con zucca e porri
Ingredienti:
per la pasta per una tortiera di cm 23 di diametro:
125 g di farina
125 g di farina ai cereali
125 ml di acqua
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio di olio extra vergine d’oliva

per il ripieno:
500 g di zucca
2 porri
2 cucchiai di parmigiano grattugiato fresco
70 g di ricotta
25 g di formaggio di capra fresco
3 cucchiai di Emmental grattugiato
1 uovo
noce moscata grattugiata
olio di oliva
sale
pepe

Preparazione:
per la pasta matta: in un recipiente (io ho utilizzato un comune robot da cucina) mettete le farine, il sale e l’olio e aggiungere, poco per volta l’acqua finchè non si otterrà un impasto elastico, ma non troppo compatto. Avvolgere la pasta matta nella pellicola e farla riposare per almeno 30 minuti.
Togliete la scorza alla zucca, mettetela in un doppio foglio di alluminio e chiudete il cartoccio, ponete in forno preriscaldato a 180° e fate cuocere finchè non diventa morbida.
Fate raffreddare, asciugatela dell’acqua in eccesso e frullatela, aggiungete la ricotta, il formaggio di capra, sale, noce moscata, mescolate e mettete da parte.
Pulite i porri (i miei erano abbastanza grossi e io ho utilizzato solo la parte bianca), lavateli, asciugateli, tagliateli a metà e affettateli sottilmente. Metteteli In una padella scaldate l’olio, mettete i porri, fate soffriggere, abbassate il fuoco, aggiungete un pochino di acqua, regolate di sale, mettete il coperchio e fate cuocere per 5 minuti. Togliete dal fuoco e fate raffreddare.
In un recipiente sbattete l’uovo, aggiungete un pizzico di sale, pepe, un cucchiaio di emmental, i porri e mescolate bene.
Stendete la pasta matta in una sfoglia sottile, rivestite una tortiera precedentemente foderata con carta forno, bucherellare la pasta con i rebbi di una forchetta e mettete la crema di zucca, poi i porri con l’uovo e spolverizzate con i due cucchiai di emmental rimanenti, rigirate la pasta matta in eccesso verso l’interno della tortiera.
Infornare a 180° per 25-30 minuti. Lasciare raffreddare e servire.
Se non la mangiate subito o la tenete per il giorno dopo, prima di servire vi consiglio di riscaldarla nel forno a microonde, ne acquisterà in morbidezza.
E come dice Magali "leccatevi i baffi!"

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