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mercoledì 4 luglio 2018
D’estate amo leggere “leggerezza”, confesso il mio limite. Credo che la vita sia fin troppo impegnativa, mi districo, come molti, nello slalom labirintico di problemi miei o di persone a me care e ça suffit, quindi la lettura mi deve distrarre, divertire o avvinghiarmi alla pagina come nel migliore dei gialli. Oggi inizio con
Sophie Kinsella credo la conosciate un po’ tutti, molti suoi libri sono divertenti, scorrevoli, questo, onestamente, molto meno, “Sorprendimi” per la prima metà del libro ho seriamente faticato ad andare avanti.😈Una coppia, che ha una vita matrimoniale soddisfacente, in base alle dichiarazioni di un medico sull’allungamento dell’età media di vita, si rende conto che il proprio matrimonio potrebbe durare molto a lungo, per non ricadere nella monotonia inizia a movimentarlo con una serie di reciproche sorprese, che non fanno che innescare dubbi e gelosie. Nel corso del libro la Kinsella vuole affrontare tematiche “serie” che mal si sposano al suo stile, ma la nota ancor più stonata è che la lettura risulta veramente noiosa, perché non è né divertente, né serio, vuole a tutti restare nel suo cliché, toccando temi difficili e per fare ciò bisogna essere molto abili e lei, per me, non si è dimostrata all’altezza. La Kinsella, ha raggiunto il suo scopo, mi ha sorpreso, ma, purtroppo, negativamente! 😂
Ed ora passiamo a
La mia vita non proprio perfetta” il titolo mi ha ispirato, più scorrevole del precedente, narra la vita di una ragazza giovane appena entrata nel mondo del lavoro, che da sempre sogna di vivere a Londra e, per motivi economici, condivide un appartamento in un sobborgo operaio della capitale, dove si reca ogni giorno per andare nell’agenzia di branding a svolgere le mansioni dell’ultima arrivata. E’ talentuosa e alla fine, dopo molteplici vicissitudini, riuscirà ad avere il successo che merita, anche dopo aver subito un ingiusto licenziamento saprà risollevarsi con un’idea innovativa: il glamping (campeggio d’elite) e riuscirà alla fine a ritornare a Londra ottenendo un impiego migliore di quello che aveva all’inizio, perché stiamo leggendo un libro della Kinsella in cui il lieto fine è assicurato e "la mia vita non proprio perfetta" lo è molto di più di quella reale di molti di noi😂, comunque questo si legge volentieri.
giovedì 28 giugno 2018
Oggi vi parlo di questo libro
che è il diario del proprietario di una libreria di libri usati a Wigtown Nel Galloway, “la regione dimenticata che occupa l’angolo sudoccidentale della Scozia”, come viene definita dall’autore Shaun Bytell, durante ogni pagina del libro ho sempre pensato alla mia cara amica Laura 😉
Il libro è un diario quotidiano della sua vita vissuta in libreria, dei mesi di maggiore affluenza e dei periodi di magra, alla fine di ogni giornata c’è anche indicato l’ammontare dell’incasso. Le persone che si presentano in libreria, clienti abituali o saltuari, sono descritti con sagace ironia ed anche i collaboratori di Shaun sono veramente particolari. Premetto che io, pur essendo una persona che ride parecchio nella vita, non mi viene da farlo, né al cinema né leggendo, invece forse per il suo humor, che ondeggia tra l’ovvietà e l’assurdo, questo libro mi ha strappato delle risate fragorose. Sono anche descritte emozioni desuete e indicazioni letterarie, purtroppo, principalmente di autori inglesi. E’ una lettura scorrevole ideale per il periodo estivo.
Eccovi qualche stralcio:
A chi di dovere.
Referenze per Sara Pearce.
Sara ha lavorato tutti i sabati presso il Book Shop, 17 North Main Street, Wigtown, durante i tre anni in cui ha frequentato le scuole superiori. Quando dico «lavorato» uso il verbo nel senso piú vago possibile. Trascorreva intere giornate all’esterno del negozio, fumando e ringhiando ai passanti che accennavano a entrare, oppure guardava le repliche di Hollyoaks sul sito di Channel 4. Benché abitualmente puntuale, si presentava spesso al lavoro ubriaca o con forti emicranie da dopo sbronza. Era scortese e aggressiva. Non eseguiva quasi mai i compiti che le erano affidati, e nei tre anni trascorsi presso di noi non si è mai impegnata in alcunché di costruttivo senza un’esplicita richiesta. Era solita lasciarsi dietro una scia di pattume: bottiglie di bibite, sacchetti di patatine, incarti di cioccolato e pacchetti di sigarette. È stata piú volte sorpresa a rubare accendini e fiammiferi dal negozio, e nei miei confronti ha sempre tenuto un atteggiamento irrispettoso, spesso violento.
È stata una collaboratrice preziosa, e la raccomando senza riserve.
Oggigiorno è talmente raro trovare il tempo per leggere che, quando capita, mi sembra il piú puro dei piaceri; piú puro di qualsiasi altra esperienza sensoriale. Quando avevo una trentina d’anni dovetti mettere la parola fine a una relazione molto importante per me: ricordo che in quel momento l’unica cosa che riuscivo a fare era leggere, cosí cominciai ad accumulare una montagna di libri nei quali mi immergevo per sottrarmi al mondo che avevo intorno e dentro di me. I paesaggi di Jonathan Meades, William Boyd, José Saramago, John Buchan, Alastair Reid, John Kennedy Toole e altri mi proteggevano dai miei stessi pensieri e li sospingevano ai margini della mia coscienza, dove continuavano a sfilare in silenzioso corteo senza arrecarmi disturbo. Innalzai una barriera fisica sulla mia scrivania, una barriera fatta di libri, e man mano che leggevo il muro veniva lentamente giú, fino a sparire del tutto.
Hanno speso centosettantacinque sterline e si sono portate via sei borse piene di libri. Cose del
genere capitano assai di rado, ma mi aiutano a ricordare quanto le persone possano affezionarsi alle librerie e perché io abbia scelto di entrare in questo mondo.
Verso sera io e Callum siamo andati a farci una birretta, poi sono passato alla cooperativa per comprare del latte. Mike era al lavoro, con un’aria decisamente mogia. Gli ho chiesto notizie del gatto randagio che aveva fatto sterilizzare, e mi ha detto di essere stato preso a male parole da una signora che, proprio ieri, l’ha accusato di averle rapito il gatto. A quanto pare il micio era scappato di casa settimane fa, ma lei non aveva mai smesso di cercarlo. Non è stata felicissima di sapere che gli avevano tagliato le palle.
Il cliente che stamattina ha acquistato il Diario di Samuel Pepys ha letto la massima di Einstein dipinta sull’esterno del bancone («Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma sul primo ho ancora dei dubbi») e mi ha chiesto: «È autentica?» A quanto pare è piuttosto dubbia, e sono in molti a credere che Einstein non abbia mai pronunciato quella frase.
Stavo uscendo dalla cucina con la mia tazza di tè quando un tizio in giacca da lavoro e pantaloni di poliestere una spanna piú corti del normale mi è rovinato addosso e me l’ha quasi fatta cadere.
– È mai morto nessuno qui? – mi ha chiesto poi. – Nessuno ci ha ancora lasciato le penne cadendo da una scaletta?
– Non ancora, – gli ho risposto, – ma speravo proprio che oggi fosse il gran giorno
Eccovi qualche stralcio:
A chi di dovere.
Referenze per Sara Pearce.
Sara ha lavorato tutti i sabati presso il Book Shop, 17 North Main Street, Wigtown, durante i tre anni in cui ha frequentato le scuole superiori. Quando dico «lavorato» uso il verbo nel senso piú vago possibile. Trascorreva intere giornate all’esterno del negozio, fumando e ringhiando ai passanti che accennavano a entrare, oppure guardava le repliche di Hollyoaks sul sito di Channel 4. Benché abitualmente puntuale, si presentava spesso al lavoro ubriaca o con forti emicranie da dopo sbronza. Era scortese e aggressiva. Non eseguiva quasi mai i compiti che le erano affidati, e nei tre anni trascorsi presso di noi non si è mai impegnata in alcunché di costruttivo senza un’esplicita richiesta. Era solita lasciarsi dietro una scia di pattume: bottiglie di bibite, sacchetti di patatine, incarti di cioccolato e pacchetti di sigarette. È stata piú volte sorpresa a rubare accendini e fiammiferi dal negozio, e nei miei confronti ha sempre tenuto un atteggiamento irrispettoso, spesso violento.
È stata una collaboratrice preziosa, e la raccomando senza riserve.
Oggigiorno è talmente raro trovare il tempo per leggere che, quando capita, mi sembra il piú puro dei piaceri; piú puro di qualsiasi altra esperienza sensoriale. Quando avevo una trentina d’anni dovetti mettere la parola fine a una relazione molto importante per me: ricordo che in quel momento l’unica cosa che riuscivo a fare era leggere, cosí cominciai ad accumulare una montagna di libri nei quali mi immergevo per sottrarmi al mondo che avevo intorno e dentro di me. I paesaggi di Jonathan Meades, William Boyd, José Saramago, John Buchan, Alastair Reid, John Kennedy Toole e altri mi proteggevano dai miei stessi pensieri e li sospingevano ai margini della mia coscienza, dove continuavano a sfilare in silenzioso corteo senza arrecarmi disturbo. Innalzai una barriera fisica sulla mia scrivania, una barriera fatta di libri, e man mano che leggevo il muro veniva lentamente giú, fino a sparire del tutto.
Hanno speso centosettantacinque sterline e si sono portate via sei borse piene di libri. Cose del
genere capitano assai di rado, ma mi aiutano a ricordare quanto le persone possano affezionarsi alle librerie e perché io abbia scelto di entrare in questo mondo.
Verso sera io e Callum siamo andati a farci una birretta, poi sono passato alla cooperativa per comprare del latte. Mike era al lavoro, con un’aria decisamente mogia. Gli ho chiesto notizie del gatto randagio che aveva fatto sterilizzare, e mi ha detto di essere stato preso a male parole da una signora che, proprio ieri, l’ha accusato di averle rapito il gatto. A quanto pare il micio era scappato di casa settimane fa, ma lei non aveva mai smesso di cercarlo. Non è stata felicissima di sapere che gli avevano tagliato le palle.
Il cliente che stamattina ha acquistato il Diario di Samuel Pepys ha letto la massima di Einstein dipinta sull’esterno del bancone («Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma sul primo ho ancora dei dubbi») e mi ha chiesto: «È autentica?» A quanto pare è piuttosto dubbia, e sono in molti a credere che Einstein non abbia mai pronunciato quella frase.
Stavo uscendo dalla cucina con la mia tazza di tè quando un tizio in giacca da lavoro e pantaloni di poliestere una spanna piú corti del normale mi è rovinato addosso e me l’ha quasi fatta cadere.
– È mai morto nessuno qui? – mi ha chiesto poi. – Nessuno ci ha ancora lasciato le penne cadendo da una scaletta?
– Non ancora, – gli ho risposto, – ma speravo proprio che oggi fosse il gran giorno
mercoledì 13 giugno 2018
Oggi vi parlo di questo libro
Stoner è stato pubblicato nel 1965 e non ha ottenuto molto successo, ma ripubblicato nel 2003 incominciò ad ottenere il successo dei lettori che cominciano a porsi domande sul senso della vita, sull’essere soddisfatti della propria esistenza e sulla propria capacità di modificarla.
William Stoner è figlio di agricoltori che hanno sempre accettato il proprio destino, vivendo anzi solo sopravvivendo, ed è un uomo qualunque che conduce una vita altrettanto qualunque.
Ha un attimo in cui dà una svolta al suo vivere laureandosi e scoprendo la sua vocazione per l’insegnamento a cui si dedica con passione, si sposa con la prima donna che incontra, che si rivela cattiva e indisponente, ha anche un’amante occasionale, contrasti con un collega prevaricatore ed arriva, così, alla vecchiaia e alla pensione a cui mai arriverà.
Dopo quell’unico momento iniziale di svolta, durante la vita Stoner ha alcune occasioni di cambiamento, ma non le coglie, come tanti noi, non ha il coraggio di mutare, di affrontare l’incerto che lo avrebbe portato, forse, ad un miglioramento. Il lettore si identifica con i suoi timori, le sue miserie, ma anche con le sue grandezze, il suo stoicismo, la sua sopportazione, lui ha la capacità di rigenerarsi nella letteratura, in una religione fatta a modo suo, si costruisce un suo mondo, contribuisce ad una pubblicazione, che prende in mano con difficoltà negli ultimi istanti di vita.
Le ultime pagine sono semplicemente struggenti e non ho potuto che sentirmi addolorata nel “lasciar andare via” il Professore che durante il romanzo è stato capace di trasmettermi dolcezza, tenerezza, intransigenza nei confronti di se stesso, mi ha avvolto nella sua tristezza di uomo debole, capace di rinunciare alla felicità, forse per codardia o chissà per non far male al proprio prossimo. Un'esistenza come tante, ma un libro assolutamente unico.
martedì 15 maggio 2018
Ho appena terminato di leggere "all'ombra di Julius"
scritto da Elizabeth Jane Howard, la stessa autrice della saga dei Cazalet di cui vi ho parlato QUI. I cinque libri che la componevano mi erano piaciuti e li avevo letti uno dietro l'altro e, quindi, con il medesimo entusiasmo ho iniziato la lettura. Per la prima volta vi parlo di un libro che si può leggere, ma a me reduce delle vicissitudini della famiglia Cazalet ha veramente annoiato. Lo stile è il medesimo una famiglia, più ristretta rispetto alla suddetta, ogni capitolo è incentrato su un personaggio e si ripete nel corso degli anni, ovviamente, qui, gli archi temporali si susseguono più rapidamente e di questo il lettore ringrazia. La pazienza che mi ha accompagnato nella lettura è stata data da mille chilometri in auto e perchè non volevo l'autrice si offendesse se non fossi arrivata fino alla fine😂.
Si svolge a Londra negli anni sessanta e, a tratti si ritorna agli anni quaranta, in cui durante il compimento di un gesto eroico è mancato Julius. Quest’uomo che lascia vedova Esme, con due figlie Cressy (Cressidda) ed Emma. Esme vive ritirata in campagna, mentre Cressy, una pianista poco convinta, vedova, che trascorre la maggior parte del tempo a esaurirsi per i suoi amanti per la maggior parte sposati. Emma, la secondogenita di Julius, ha ventisette anni e si occupa dei della casa editrice di famiglia e non dà alcuna importanza alla sua vita sentimentale.
I protagonisti maschili sono Felix, ex-amante di Esme e sicuramente l’unico uomo che in realtà abbia veramente amato, che compare dopo vent’anni di assenza, un dottore dall’animo complesso molto più giovane di lei e Dan uno scrittore o meglio poeta, i cui libri sono curati dalla casa editrice gestita da Emma.
Questi cinque personaggi si ritrovano a trascorrere un fine settimana nella casa di campagna di Esme, ovviamente accompagnata dalla prepotente ombra di Julius. Questi due giorni saranno intensi per tutti: segreti rivelati, aspettative deluse, emozioni, nuovi progetti, alcuni torneranno alla solita vita altri ne inizieranno una nuova.
Vado controcorrente non osannando questo libro e consigliandolo solo a chi non è reduce della lettura della saga dei Cazalet.
giovedì 10 maggio 2018
Ho letto questo libro
Vi ho già parlato di alcuni libri di Alan Bennett come "Nudi e crudi" e "La sorana lettrice" , è un autore teatrale britannico, il cui umorismo, a volte dissacrante, rende i suoi libri ricchi di mordente unendo la caratteristica della brevità, il che non guasta quando si è reduci da libri molto copiosi.
La trama mi ha ispirato più che la lettura in sé, infatti l’ho apprezzato meno di altre sue opere, anche se lo consiglio senza remore: si svolge durante un funerale che raduna personaggi molto in vista in quanto clienti dell’estinto : il giovane massaggiatore Clive Dunlup, trentacinquenne morto misteriosamente in Sud America. Il massaggio “unisce” tutti i presenti, i loro corpi sono stati tutti toccati, “manipolati” da lui! Solo che il giovane massaggiatore, sotto lauto compenso, dispensava anche altri servigi sia a uomini che donne. Della sua figura si parla ben poco, perché persino l’elogio funebre è officiato da padre Jolliffe anch’egli “cliente” dell’estinto! Ognuno teme che all’improvviso qualcuno degli astanti possa alzarsi e rivelare notizie imbarazzanti, possibili confidenze raccolte dal defunto. Le cause della morte sono molto nebulose e il panico serpeggia fra i presenti quando si pensa che la causa sia stata l’aids.
Bennett senza alcun scrupolo, bistratta le autorità religiose inglesi e affronta sempre con ironia tematiche, che per alcuni possono essere “imbarazzanti” come l’omosessualità e l’aids.
Alla fine si scoprirà la verità, riemergono anche particolari scabrosi e fa sorridere come la dipartita di Clive continui a creare imbarazzo come la sua vita, ma anche risveglia passioni e attrazioni sopite tra i presenti.
martedì 27 febbraio 2018
Oggi vi parlo di questo libro
Vi ho già parlato del suo autore Alan Bennet, che a me piace molto. Di solito quando leggo volentieri un libro, di solito seguono anche gli altri che ha scritto.
I protagonisti sono i coniugi Ransome, sposati, senza figli, da oltre trent’anni, lui un avvocato noioso, il cui unico sprazzo di vitalità è rappresentato dalla sua fissazione per Mozart, lei è una casalinga che si rende conto di quanto sia scialba la propria vita confrontandosi con i talk-show pomeridiani.
Il grigiore della loro vita abitudinaria viene sconvolto da un evento clamoroso: il loro appartamento viene svaligiato, ma si tratta di un furto clamoroso, in quanto a loro viene rubato tutto assolutamente tutto. Tornano a casa e trovano una casa completamente spoglia: la cucina con tutti i mobili, i piatti, le posate e persino lo sformato destinato alla cena, il letto, gli armadi, tutto il mobilio e il suo contenuto, gli asciugamani del bagno e persino il portacartaigienica con annesso rotolo. Se dico tutto, vi assicuro è veramente tutto.
Tutto questo è assolutamente catastrofico, ma si rivelerà una vera e propria iniezione di adrenalina per uscire dalla routine in cui erano sprofondati i coniugi Ransome. Superato il trauma iniziale, questo evento porta una ventata di nuovo, una spinta a "esplorare", a far nuove conoscenze, al dialogo tra i due protagonisti. Insomma a un modo di vivere diverso e, forse, migliore.
Soprattutto lei inizia ad uscire dalle proprie abitudini, ad entrare in negozi del quartiere in cui non era mai entrata, ad arredare la casa con elementi stravaganti, inizia pian piano a “trasgredire”. Il marito invece è più legato agli schemi, ai suoi bassi peccatucci. In alcuni punti questo libro ha aspetti divertenti, ma rimane veramente una lucida descrizione della classe borghese londinese.
La signora Ransome riesce a scoprire il mandante del furto e la sua motivazione, da questo riesce a ritrovare tutte le cose contenute nel suo appartamento e a conoscere una coppia molto particolare.
Non vi svelo il finale del libro, ma posso dirvi che mi è piaciuto tantissimo: la trama, lo stile della narrazione ed anche l’epilogo.
mercoledì 24 gennaio 2018
Come ho scritto ieri, sul blog, leggete il mio, ops nostro punto di vista per quanto riguarda libri, film, fotografie, praticamente su tutto, quindi è soggettiva ed opinabile. Io esploro e vi esprimo il mio pensiero 😉
Della serie ogni tanto ritorna nella mia vita
Vi spiego meglio: ho letto dei libri di Guillaume Musso qualche anno fa e ogni tanto mi faccio tentare, questa volta è stato il titolo ad attrarmi😉
Un libro avvincente, senza pretese, ma che raggiunge pienamente lo scopo dello scrittore, cioè di incuriosire il lettore al punto di non voler abbandonare la lettura. Inizia in modo leggero ed io ho camminato insieme ai protagonisti rivedendo tutte le vie parigine e i quartieri che conosco alla perfezione, per poi evolversi in una trama che lascia con il fiato sospeso e che ti travolge e ti invade di suspance, ma anche di angoscia.
L'epilogo è positivo, ma la lettura, pur rimanendo sempre scorrevole, affronta temi e risvolti di vita pesanti. Definirne il genere diventa arduo: mera narrativa, giallo, esistenziale...
Il libro, per me, "pesante" o "leggero" che sia deve scorrere, non deve essere noioso, e questo soddisfa tali caratteristiche, come in molte opere trovo che, volendo dare a tutti i costi un lieto fine perdano corpo e struttura. Lo consiglio se si vuole "staccare" la mente e essere catturati dai problemi altrui.
Il libro, per me, "pesante" o "leggero" che sia deve scorrere, non deve essere noioso, e questo soddisfa tali caratteristiche, come in molte opere trovo che, volendo dare a tutti i costi un lieto fine perdano corpo e struttura. Lo consiglio se si vuole "staccare" la mente e essere catturati dai problemi altrui.
mercoledì 17 gennaio 2018
Sono stata attratta da questo libro, perché si svolge in Finlandia (come mi piacerebbe visitare la penisola scandinava!), perché non è un giallo, ma narrativa, anche se questo termine è un po’ riduttivo. Non fatevi ingannare dalla copertina.
La protagonista è una minuta signora ottantenne, Linnea, che vive sola in campagna vicino ad Helsinki, e sembra che il suo mondo sia idilliaco, ma la sua pace è turbata dalle incursioni mensili del malvagio nipote e di altrettanti due suoi compari di scorribande, che non si accontentano di estorcerle la pensione, ma distruggono quello che trovano davanti a sé, fanno del male al gatto della zia, scherniscono, sporcano, devastano.
Linnea non ha mai avuto il coraggio di ribellarsi, poi un giorno il nipote le estorce la firma su un testamento in suo favore. A questo punto lei si sente intrappolata e terrorizzata ed è proprio questo che la induce ad avvisare la polizia e a fuggire ad Helsinki da un vecchio amico medico di famiglia.
Questo suo atto di coraggio è un’implicita dichiarazione di guerra nei confronti del malefico trio.
Contrariamente all’inizio, il romanzo prende una vena farsesca e divertente, evidenziando, al contempo, tutti i mali che affliggono la società odierna come la gioventù sbandata, le persone anziane dimenticate, la droga, l’alcolismo e molto di più.
A questo punto la vita di Linnea diventa rocambolesca e lei, è talmente spaventata, che viaggia armata di alcune siringhe di veleno da lei stessa preparate, per uccidersi in caso finisse nuovamente sotto le grinfie dei suoi persecutori.
Alla fine, complice il caso ed il vecchio amico, Linnea riesce ad avere la meglio e il romanzo unisce paradosso e umorismo. Nel corso della lettura non si può che affezionarsi e “tifare” per la dolce Linnea e si arriva a giusficare qualsiasi suo comportamento.
L’autore finlandese Arto Paasilinna è stato paragonato a Pennac e Benni, è dotato della capacità di evidenziare e denunciare le depravazioni, la dissolutezza, le ingiustizie e i mali che affliggono la nostra società, avvolgendo il lettore in una spirale di humor che contribuisce ad alleggerire i temi trattati.
mercoledì 10 gennaio 2018
Io amo molto leggere e lo faccio continuamente, appena terminato un libro, ne inizio subito un altro. Avendo tempo o quando sono a casa o durante i lunghi viaggi in auto, è un lusso che mi concedo, perchè, per me, è un modo per far sì che il mio cervello rimanga vitale, la mia anima sempre alla ricerca del nuovo trovi un po' di riposo e poi, soprattutto, perchè mi piace.
Oggi vi consiglio questo libro
Io amo la monarchia britannica e, soprattutto, lei, per Unica, ferrea, ma al contempo divertente (se no come farebbe ad indossare i suoi completi dai colori sgargianti?), ironica (se no come farebbe a sopportare le stranezze del suo parentado?) e veramente simbolo della Gran Bretagna.
Oltre a questo amo anche Alan Bennett, scrittore, attore, drammaturgo, nato nel 1934 nello Yorkshire, tuttora vivente, dotato di fantasia e humor.
Oltre a questo amo anche Alan Bennett, scrittore, attore, drammaturgo, nato nel 1934 nello Yorkshire, tuttora vivente, dotato di fantasia e humor.
Questo libro è di sole 95 pagine che si leggono tutto d'un fiato, un libro "leggero", di fantasia, che svela una Regina inedita, che scopre, per caso, la biblioteca ambulante nel cortile di Buckingham Palace e inizia, così, a leggere e le piace a tal punto da farlo appena possibile e coinvolgendo tutto il suo entourage. E' divertente, ironico, coinvolgente, con un finale sorprendente, scritto con l'usuale maestria di Alan Bennett.
giovedì 4 gennaio 2018
Ho passato periodi di solitudine assoluta, in cui veramente non parli con anima umana viva, sottolineo umana, perché le anime con pellicciotto con cui dialogare non mancavano!
Avevo bisogno di leggere, leggere e ancora leggere. Così ho iniziato la saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard (Londra, 26 marzo 1923 – Bungay, 2 gennaio 2014).
I romanzi sono cinque, fra tutti la media è di 600 pagine ognuno, quindi tenetelo presente prima di “buttarvi” nell’impresa. I titoli sono:
Gli anni della leggerezza
Il tempo dell’attesa
Confusione
Allontanarsi
Tutto cambia
Si narra la storia della famiglia inglese Cazalet ed ha inizio nel 1937 e termina negli anni cinquanta. La famiglia è formata da William Cazalet, detto il “Generale” e sua moglie Kitty, la “Duchessa”, i due capostipiti che hanno tre figli maschi Hugh, Edward e Rupert, a loro volta sposati con prole, e dalla figlia nubile Rachel. A loro si uniscono le vite della servitù, che, infine, viene considerata come facente parte della famiglia affettivamente parlando e quelle di tanti amici.
Alla vicenda fa anche sfondo il grande conflitto della seconda guerra mondiale e l’immediato dopoguerra. Durante la narrazione vengono affrontati tantissimi argomenti attuali ancora oggi e attraverso il susseguirsi delle pagine, il lettore non può far altro che affezionarsi ad singolo personaggio ed essere travolto dall’entusiasmo e dalla curiosità di leggere il libro successivo.
Non posso che consigliarlo a chi ha bisogno di evadere dalla quotidianità e desidera essere rapito da una famiglia, un’epoca storica, il sentimento, la vulnerabilità e le sfaccettature dell’animo umano.
E presto … anche la serie televisiva.
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