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Magali

Magali
martedì 31 luglio 2018
Il figlio dei miei vicini ed amici "oltre cortina" vive in una struttura per persone diversamente abili e ogni 15 giorni viene qui a trascorrere qualche giorno dai genitori, Ludò lo conosco da 18 anni al mattino quando ritorna a Arles lo saluto dal muro e lui mentre sale sul taxi mi manda i baci con la mano. Ogni anno l'associazione dove vive organizza un pranzo con i parenti e miei amici mi hanno invitato e io sono stata felice di unirmi a loro. Vi scrivo tutto ciò, perchè sono stata veramente soddisfatta e orgogliosa che possano esistere strutture del genere.
 Vivono stabilmente oltre 80 persone portatrici di handicap e vi sono altrettante persone che si occupano di loro. Ognuno ha la propria stanza con bagno, aria condizionata, televisione, musica. Organizzano anche soggiorni in montagna e al mare, vanno settimanalmente in città a fare acquisti e Ludò mi ha anche presentato la sua fidanzata.
C'è  la palestra, la piscina, tantissimo spazio verde ed anche un orto che coltivano e vendono frutta e verdura. Hanno anche una sala per gli spettacoli e i ritrovi e vengono svolte molteplici attività.
 Tutto è nuovo e pulito, una cura ed attenzione per i particolari che dà gioia al cuore e rende accogliente ogni ambiente.hanno la sala per lo sport, la piscina, tantissimo spazio verde ed anche un orto che coltivano e vendono frutta e verdura. Come in altri ambiti ho notato attenzione ai particolari.
 
Ho respirato serenità, ho visto persone innamorate del proprio lavoro, ragazzi liberi di salire sul palco durante lo spettacolo di bravissimi cantanti e improvvisare balli, in pratica ho visto persone felici, una struttura che funziona. Io non so se esistano associazioni in Italia, me lo auguro, anche se lo dubito fortemente. Ho provato ammirazione e sono stata felice di aver vissuto questa esperienza.
L'associazione si chiama la Chrysalide e questo è il sito.
lunedì 30 luglio 2018
Girovagando ho trovato queste "righe" che ognuno di noi dovrebbe ripetere a se stesso ogni mattina, e io farò di tutto affinchè rimangano impresse nella mia mente, quando qualcosa o qualcuno cercherà di togliermi il buon umore. Chi mi legge, ben sa, che queste parole esprimono la mia filosofia, che ogni giorno si rafforza sempre di più. Ricordate noi possiamo solo cambiare noi stessi, non il nostro prossimo.

PROMETTO A ME STESSO
Di essere così forte da non permettere a niente e nessuno di disturbare la mia pace interiore.
Di parlare di salute, felicità e prosperità a chiunque incontro.
Di far sentire a tutti i miei amici che c’è qualcosa di bello in loro.
Di guardare il lato luminoso di ogni cosa e rendere vero il mio ottimismo.
Di pensare solo al meglio, di lavorare solo per il meglio e di aspettarmi solo il meglio.
Di essere entusiasta dei successi altrui come lo sono dei miei.
Di dimenticare gli errori del passato e concentrarmi sui grandi traguardi del futuro.
Di avere sempre un’espressione felice e fare un sorriso a tutte le creature che incontro.
Di dedicare talmente tanto tempo a migliorare me stesso da non avere tempo per criticare gli altri.
Di essere troppo grande per le preoccupazioni, troppo nobile per la rabbia, troppo forte per la paura e troppo felice per permettere la presenza di problemi.
Di pensare bene di me stesso e di proclamarlo al mondo, non ad alta voce, ma con grandi sfide.
Di vivere nella fiducia che il mondo intero è dalla mia parte, fino a che sono fedele al meglio che è in me.
Christian D. Larson
domenica 29 luglio 2018
Il dolore che ho provato l’ho rinchiuso in un angolo della mia anima, come se non fosse mai esistito. Ho ingenuamente creduto che così ben celato non avrebbe influito sulla mia vita. Non ne ho mai parlato per non soffrire, finchè un amico poco tempo fa mi ha consigliato di mettere per iscritto tutte le cicatrici che gravavano sul mio cuore.
Ho seguito il suo consiglio, si sono susseguite pagine su pagine fino a terminare l’intero quaderno. Alla fine mi sono detta: ”Come può una persona sopportare tanto?”
E sembra strano, ma ciò che mi spaventava, mi dava angoscia, ora non lo temo più, anzi è diventato un alleato insostituibile per la mia serenità, come se essermi “liberata” del pesante fardello avesse rimosso una mia paura latente, avesse fatto riemergere la Helga di un tempo, avesse scrollato via doveri, regole, imposte da altri.
La vita d’ora in avanti avrà sempre difficoltà, di questo ne ho certezza, ma io voglio vivere il tempo che avrò ancora a disposizione secondo il mio estro, desidero trasgredire, ridere, ironizzare, fare helgate senza dover stare sempre nei ranghi per compiacere il prossimo, semplicemente perché non ne vale la pena.
Ti ringrazio di cuore mio A.C. e ti auguro un compleanno accompagnato da un bellissimo sogno da portare a compimento, perchè provare un desiderio porta entusiasmo ed emozioni e questi, per me, sono i regali più intensi. E qui mi posso sbizzarrire 😀😂😻🎈🎉🎁🍰😉
sabato 28 luglio 2018
Questa è una ricetta che ha tanti lati positivi: è economica, estiva, fresca, versatile, perché potete condirla con quello che avete nel frigorifero e, soprattutto, RAPIDA! L’ho trovata ottima io ho anche il vantaggio di poter avere a portata di mano la menta fresca e i peperoni di Jeannine (la vicina oltre cortina😂), l’uva sultanina del “mercante” arabo (io non l’ho fatta rinvenire in alcun modo, perché era morbidissima già di suo), ma sicuramente verrà ottima con qualsiasi cosa a vostra disposizione.
Me l’ha suggerita Corinne, un’altra vicina con cui scambio qualche chiacchiera soprattutto a bordo piscina, lei mi ha detto che mette 300 g di couscous, io ho fatto un terzo della dose, perché ero da sola e ho mangiato, insieme ad altro, due sere. La prossima volta, voglio diminuire la quantità di limone, per me era un pochino troppo acidula, ma temevo che il couscous non si gonfiasse con meno liquido. Io avevo tutti gli ingredienti in casa, ovviamente, se ne possono fare tante varianti. Vi sono due requisiti essenziali, vi deve piacere il gusto di limone e, soprattutto, il couscous non deve “toccare” l’acqua. (Potete diminuire la quantità di limone, viene ugualmente, io ho già fatto altre preparazione e mi sa che sarà leitmotiv salato di quest'estate)
Taboulé di Corinne
Ingredienti:
100 g di couscous medio
Il succo di un limone
1 scalogno (in realtà andava cipolla bianca o cipollotto, ma io non l'avevo)
1 peperone verde
20 pomodorini ciliegino
30 g di uva sultanina
menta
sale
pepe

Preparazione:
il pomeriggio o la sera precedente tagliate i pomodori ciliegino in quarti tenete da parte eventuale liquido del pomodoro che aggiungerete al couscous, pulite il peperone e tagliatelo a listerelle. Spezzetate le foglie di menta fresca.
Mettete il couscous in un’insalatiera, irrorate con il limone, aggiungete le verdure (eventuale succo del pomodoro), l’uva sultanina e la menta, regolate di sale e di pepe. Mescolate, coprite con la pellicola e mettete in frigorifero.
L’indomani mescolate il couscous e rimettetelo in frigorifero. Servite per cena.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
venerdì 27 luglio 2018
Nimes è una cittadina che si trova a circa 50 km dal "mio rifugio", ogni tanto ci vado per "immergermi" un po' nella folla!
Qui ci sono alcuni scatti della zona centrale dove si trova la Maison Carrée. Sono fotografia di vita, come ormai siete abituati a vedere qui, semplicemente, perchè quando si conosce un luogo si va alla scoperta non tanto di monumenti o siti storici, ma di emozioni.
Questa libreria di libri e stampe antiche, scoperta per caso in una via nascosta, mi ha rapito il cuore.
giovedì 26 luglio 2018
E oggi vi parlo di
difficile da definire: un libro di viaggi che si rivela un viaggio dentro se stessi. Visitare luoghi nuovi, scoprire usi, costumi, differenti angolazioni di vita. Il movimento connota l'esistenza ed è assolutamente il mio pensiero. Nel corso della lettura che è assolutamente scorrevole, ci sono tantissimi spunti di riflessione, da cui scaturiscono interrogativi a cui il lettore sagace dovrebbe cercare di dare delle risposte o meglio darsi delle risposte rispesto al mio proprio vivere.
Sono assolutamente convinta che oltre a ciò la lettura di questo libro debba portare al cambiamento, perchè il tempo non ci viene restituito, fugge inesorabile e non bisogna arrivare alla fine della corsa con le proprie tasche piene di rimpianti. Bisogna privarsi delle cose materiali e emotive che fungono da zavorra, iniziare il viaggio metaforico e materiale con il solo bagaglio a mano semi vuoto, lasciando spazio per nuovi ricordi, perchè solo questi hanno valore fondamentale nell'esistenza.
Troppo, bisogna toglierlo dalla nostra vita: oggetti, elucubrazioni mentali, le zavorre che ci creiamo, il troppo ci impedisce di affrontare la nostra esistenza. Termino i miei pensieri con le parole dell'autore: "E poi, quando finisce, arriva qualcuno a dirti: ti sia lieve la terra. Fallo tacere. Ti sia lieve la vita.
Per attraversarla, ho un unico insegnamento. Credetemi: solo bagaglio a mano."

Come d'abitudine alcune, delle tante righe, che mi hanno colpito:
Sono passati venti secondi, appare la scritta Life is short, la vita è breve. Ko Min-su mi guarda e dice: “Non sai mai quando accadrà. Nel tuo caso finisce ora, pensi di essere pronto? Di aver usato al meglio il tempo che ti è stato concesso?”. Sono domande retoriche. Nessunomai ha risposto sì. Non uno su cinquantamila e uno.

Poi un giorno, nel Sud del Libano, davanti alla porta di una casa in un villaggio colpito dai bombardamenti israeliani (è l’estate del 2006) c’è una donna anziana, in lacrime. Si potrebbe pensare che sia devastata da un lutto, da una perdita irreparabile: che sia la madre di un combattente Hezbollah caduto nella guerra, un “martire”, come lo chiamano con fierezza. Invece, rivela, il suo dolore ha una ragione opposta: non ha potuto dare niente alla causa, nessun figlio, sono tutti vivi, non ha offerto sacrifici. Non ha un martire in casa. Averne uno è motivo di orgoglio: la sua foto viene esposta all’esterno, è oggetto di reverenza per vicini e passanti. Innalza lo status familiare (e le rendite, poiché Hezbollah sovvenziona i superstiti). Quel che per qualsiasi madre occidentale è fonte di disperazione, per questa donna o altre nelle sue condizioni lo è di soddisfazione, benché mista.
La vita stessa è un fatto relativo, dipende dalle aspettative che può darti. Se nasci in un campo per profughi palestinesi i tuoi genitori non si aspettano che tu diventi un professionista di successo, né il vincitore di un talent show. Non potendo essere orgogliosi della tua vita, possono però esserlo della tua morte. “Noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita,” diceva paradossalmente Osama bin Laden. Oppure: ameremo la tua morte più della tua stessa vita.

Che l’esistenza sia unica non è un limite, ma la sua bellezza. Nel viaggio, eliminare dal bagaglio la “vita di scorta” è un’operazione necessaria e sacrosanta. Non ci sono due vite e una morte: i conti si pareggiano.

Il bagaglio ideale è leggero, perché serve a contenere il maggior numero possibile di indumenti, cosmetici, farmaci, libri, apparecchi elettronici, regali, emozioni, progetti, memorie. Non conta com’è quando è chiuso, conta com’è quando lo apri. Vale per la casa che sceglierai. Per la persona con cui passerai gli anni a venire.
Conta che sia agevole andarci in giro. Abbia manici e rotelle che non si spaccano alla prima trasferta. Sia maneggevole e veloce. Conta che niente e nessuno ti ancori. Perché accettare situazioni o rapporti che ti chiedono (o impongono) di essere ciò che non sei? Sii un bersaglio mobile, ricordi? Di un oggetto di valore, facile da reimmettere sul mercato (sia una casa o un’opera d’arte), si dice: è un assegno circolare. Circolare, muoversi, scambiare, cambiare. Ne hai diritto. Oggi sei questo, sei qui. Domani potresti voler provare a essere altro e altrove. Portando con te chi conta e quel che conta. O facendoti portare da loro, giacché tu per primo non devi essere una zavorra. Quindi controlla di che materiale sei fatto, quanto ingombri, se hai troppe pretese, debiti, aspettative, problemi irrisolti.
E quando il bagaglio ha esaurito la sua funzione, è importante che possa ridursi, ripiegarsi, occupare meno spazio possibile. Tutti abbiamo il momento, poi conta che sappiamo tornare nell’ombra senza reclamare quel che non è necessario, che sappiamo appartarci concedendo agli altri di stare con se stessi. Conta sapersi porre, ma anche sapersi riporre.

Tutto è dentro di noi, da qualche parte, non chiuso ma riparato da una cerniera. E qualche volta è bene che stia lì, nel suo scomparto, pronto all’uso, da estrarre quando servirà. L’esibizione di beni, risultati, talenti non è soltanto stucchevole, è anche controproducente. La luce li opacizza, l’invidia li sfregia, il tempo li logora. Proteggerli in apposite custodie è un riguardo, di più: una forma di saggezza.

Racconto questa storia perché insegna che perdere è avere un’occasione. Invece si ha paura di perdere e/o di perdersi. A tutte le latitudini “smarrire”, “smarrirsi” sono verbi vietati.

C’è una cosa che lui dice e che mi fa venire i brividi. Dice: Non penso mai alle cose che non posso più fare, penso a tutte quelle che posso ancora fare.

C’erano le cose che facevo prima e ci sono quelle che ho fatto, che faccio e farò dopo. È un altro modo di stare al mondo: non ho perso niente.

“Tutti dicono sempre di voler creare un futuro migliore, ma non è vero. Il futuro è un vuoto insignificante che non interessa nessuno. È il passato a essere pieno di vita, a essere capace di irritarci, provocarci, offenderci, a farci venire la tentazione di cancellarlo o modificarlo. La sola ragione per cui si vuole governare il futuro è avere la possibilità di governare il passato. Si combatte per avere l’accesso ai laboratori dove vengono ritoccate le fotografie e riscritte le biografie e la storia stessa”.

Non ho mai particolarmente amato Sting come cantante, ma l’ho adorato quando ha detto:“Ai miei figli non lascerò un centesimo: devono contare sui loro meriti e non sui miei soldi, e lo sanno”. I figli di Sting sono un nuovo prototipo a cui ispirarsi.
Il loro antenato è l’attore Roberto Benigni quando, premiato all’Oscar, disse: “Ringrazio i miei genitori per avermi fatto il dono della miseria”. Pochi capirono, ma era il riconoscimento di un atto d’amore: non dare possessi, ma affetto, stimoli, fiducia. Libertà.

È bastato a dirmi: Se hai avuto abbastanza, prenditi la vita e portala a spasso, per mano, con tutto l’amore che resta. L’ho fatto perché potevo. Ci avrei provato anche se non avessi potuto.



mercoledì 25 luglio 2018
Ieri avevo mal di testa i miei soliti martellanti dalle 24 alle 48 ore, potevo stare tranquilla? Ovviamente no. Dopo aver nuotato, fatto commissioni, lavato a mano la fodera del divano, ho pensato bene di dare una sfrondata alle piante. Tanto per capirci due foglie!😱

Dopo di ciò c’era un vecchio tutore di ferro che ormai non serviva più di sostegno e ho pensato bene di toglierlo, ovviamente si è spezzato e la punta era conficcata nel terreno, non potevo lasciarla lì? Una persona normale sì, Psyco woman no. 😡
Preso piccona e scalzato il terreno, “picconavo” sempre più alacremente, ero completamente sudata essendo le due del pomeriggio, ma ‘sta punta era profonda … una persona normale avrebbe ricoperto con la terra e fatto finta di nulla, Psyco woman no. 😡😡
Allora ho preso cacciavite e martello, piantavo il primo a fianco dell’estremità sommersa e martellavo, finchè ce l’ho fatta, ha iniziato ad avere i primi cedimenti, tra un po’ cedevo io, mentre la estraevo un liquido nero mi è schizzato addosso. Petrolio? No fango fetente. Ne avevo dappertutto. Dimenticavo in testa avevo una cuffia da doccia bianca a pois azzurri, con fiocchetto di lato, per evitare che l’antiparassitario che avevo spruzzato mi andasse sui capelli. Dopo due ore di lavoro ero talmente esausta, sempre in compagnia del fedelissimo mal di testa martellante (detto u fetiente), che sono andata a buttare l’immondizia in quello stato, il saccone (vedi foto sopra) era talmente pesante che l’ho trascinato, praticamente sembrava trasportassi un cadavere … 
Magali mi ha detto che a me Psyco mi fa un baffo!😹
C’è una morale della favola? Ce ne sono tante:
  1. finchè non si hanno malattie gravi, mai arrendersi.
  2. Se si lavora, si distoglie la mente dai propri malanni.
  3. Se se sei esasperato, se ti fanno ink non c’è miglior rimedio che “picconre”, non pensare a nulla pigliala in mano e dacci giù più che puoi
Magali mi ha detto che le mie caxxate non cambiano il mondo, ma lo migliorano!😂
Adesso, mentre sto scrivendo, è l'una di notte e indovinate chi c'è a letto con me? U fetiente! 😂
martedì 24 luglio 2018
Questo è un piccolo hotel in una delle vie principali del paese a due passi dal mare. Io lo trovo delizioso, unico neo essendo nella via dei ristoranti di sera sicuramente è un po' rumoroso.
Non è lussuoso, ma così fiorito, ogni volta che ci passo davanti attira la mia attenzione. Le due sedie sono a disposizione dei passanti ed anche questo lo fa apprezzare ancora di più.





lunedì 23 luglio 2018
Confesso la mia ignoranza, ma non sapevo che Louis Vuitton, da qualche anno, cura la pubblicazione di guide turistiche.
Hanno copertine dai colori sgargianti ed illustrazioni curatissime, sono veramente stupende, io sarei restata ore nella libreria a sfogliarle tutte. Si prova il desiderio di acquistarle anche se non si ha in mente una meta di viaggio, c'è solo l'imbarazzo della scelta!

domenica 22 luglio 2018
Ho trascorso momenti in cui sono stata entusiasta del blog e poi sono arrivata al punto di odiarlo e sentirlo come un pesante fardello ed infine l’ho nuovamente amato! E senza rendermene conto siamo arrivate al

   POST   NUMERO
Si questo è il MILLESIMO post!
Mentre cucinavo, l’altro giorno, per l’ennesima volta mi sono chiesta “Perchè pubblico il blog?” e subito mi è balenata la risposta. I motivi fondamentali sono due: per essere stimolata a scorgere qualcosa che mi trasmetta gioia e poi, soprattutto, perché mi fa rendere conto di quanto sia fortunata. Ciò non significa che il dolore, gli affanni non abbiano mai bussato alla mia porta entrando prepotentemente ed installandosi a lungo o che le nuvole di angoscia non transitino mai sul mio cielo, ma io ho scelto di  reagire fotografando, riflettendo, compiendo helgate (quelle purtroppo non sono volontarie), leggendo, “cinemando”, vedendo mostre, viaggiando, cucinando, intessendo amicizie vicine e, a volte, fisicamente lontane, in una parola ho scelto di vivere, di connotare il mio tempo, di renderlo unico per quanto possibile.
Condivido con voi, perché il blog è una sorta di diario, la scoperta di qualcosa di nuovo, di diverso da ricordare, le emozioni provate, tutto questo sta a significare che ho vissuto.
Concludo ringraziando chiunque sia passato da queste parti e soprattutto lei, la vera essenza del blog: Magali, perchè come lei ha ben detto "Condividere la vita con un gatto è differente!"😻

sabato 21 luglio 2018
Vi ricordate quando per le strade si sentiva “Donne è arrivato l’arrotino”, io invece vi dico “Donne è arrivato Mister zucchino”, il mio vicino (vi avevo già parlato di lui QUI) è ritornato e ha mantenuto la sua promessa, omaggiandomi, gentilmente, dei prodotti del suo orto.
Parte degli zucchini sono stati grigliati, altri per il sugo con la pasta e poi ho preparato questa ricetta che ora vi propongo, è ottima, soprattutto quando non si ha molta voglia di cucinare, se ne possono fare parecchi e in frigo si conservano per più giorni. Questa teglia l’ho preparata solo per me e per alcune cene ho vissuto di rendita 😉!
Zucchini ripieni di couscous
Ingredienti:
2 zucchini grossi
60 g di couscous
6 cucchiai di polpa di pomodoro fresco (se preferite usate passata conservata)
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaio di capperi sott’aceto
basilico
menta
sale
olio d’oliva
pan pesto

Preparazione:
in una scodella mettete il couscous, irroratelo con la passata di pomodoro, mescolate e salate.
Tagliate delle fette di zucchino di circa 5 cm di altezza, svuotatele senza bucare il fondo.
Salate all’interno, capovolgetele su un piatto, si libereranno, così, di un po’ del loro liquido.
Tagliate a dadini l’interno di metà degli zucchini, e fateli rosolare in padella per due minuti con uno spicchio d’aglio intero.
Tritate il basilico, la menta, i capperi, abbondantemente sciacquati e strizzati, uniteli all’interno degli zucchini e al couscous, che nel frattempo, avrà assorbito tutta la passata e con questo farcite gli zucchini.
Spolverizzate con il pan pesto e irrorate con un goccio d’olio.
Infornate in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
venerdì 20 luglio 2018
Ho letto questo libro
Premetto che raramente leggo autori italiani, non so perché è un mio limite.
Non posso che consigliare la storia di Trina e Erich, una vita dura, densa di dolore, ferite mai rimarginate riguardanti gli affetti, la casa, la loro terra. La guerra fa da sfondo nel sud Tirolo una zona vicino all’Austria, in cui ci si sente stranieri in terraitorio italiano, in cui la lingua che hai parlato fin da bambino è il tedesco, dove l’esistenza è scandita da regole ferree e i patimenti, le angoscie, i pensieri non possono avere spazio e il dolore che ti schiaccia il cuore viene taciuta anche a chi ti è vicino, perché soffrire è un lusso che Trina e Erich non possono permettersi di esternare.
Un libro duro senza fronzoli, che ho amato particolarmente, perché mi ha fatto comprendere ciò che ha vissuto mio padre durante la guerra, nato in quei luoghi, e anche lui ha celato sempre dentro di sé, come i personaggi di questo libro, il proprio dolore, perché è tipico della gente di montagna essere riservati anche nei sentimenti.
Credo che descrivere la trama di questo libro sia superfluo, come ha detto giustamente Ale, lo consiglio a tutti, ma soprattutto ai giovani, perché troppo spesso li facciamo vivere nella bambagia, li proteggiamo dal dolore, ma si cresce solo soffrendo e, purtroppo, la sofferenza necessita di allenamento, per non rimanerne schiacciati.
Ecco alcuni stralci, anche se in realtà, ne avrei voluti riportare molti di più:
Io invece credevo che il sapere piú grande, specie per una donna, fossero le parole. Fatti, storie, fantasie, ciò che contava era averne fame e tenersele strette per quando la vita si complicava o si faceva spoglia. Credevo che mi potessero salvare, le parole.

Ma’ mi dava pacche sulle spalle e mi rimbrottava: – Forza ragazza, non perderti nei tuoi pensieri –. Per lei erano il nemico piú grande, i pensieri.

Un giorno che cercavo di fargli imparare una poesia pensai che se non me l’avessero fatto odiare dal profondo delle viscere era una bella lingua, l’italiano. A leggerla mi sembrava di cantare.

Volevo svuotarmi di tutto ciò che avevo. Delle mie cose, delle bestie, dei pensieri. Volevo
soltanto chiudere le fibbie e partire. Andarmene da qui.

L’impero austriaco non esisteva piú. Il nazismo non ci aveva salvato. E anche se il fascismo era finito non saremmo piú stati quelli di prima.
Avevo voglia di andare ad abbracciare Maja e nello stesso tempo di restare nascosta perché non ero piú la Trina che conosceva.
Avevo mangiato il ghiaccio per dissetarmi. Avevo sparato alla schiena.

Della vita nelle capanne, di Erich che aveva disertato, di me che avevo sparato ai tedeschi non mi chiese niente. Era diventata vecchia Ma’, aveva gli occhi scoloriti e la faccia rugosa come una foglia secca. Eppure ancora stringeva i pugni, ancora lottava per non farsi derubare i giorni dai troppi pensieri.
«Sono tenaglie i pensieri, lasciali perdere», diceva quando lavavamo i panni al fiume o certe sere che andavamo avanti a rammendare fino a tardi.

Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I
villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come se sotto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita.
Ogni cosa ha ripreso una strana apparenza di normalità. Sui davanzali e sui balconi sono tornati i gerani, alle finestre abbiamo appeso tendine di cotone. Le case che oggi abitiamo somigliano a quelle di qualsiasi altro borgo alpino. Per le strade, quando finiscono le vacanze, si sente un silenzio impalpabile, che forse non nasconde piú niente. Anche le ferite che non guariscono prima o poi smettono di sanguinare. La rabbia, persino quella della violenza inflitta, è destinata come tutto a slentarsi, ad arrendersi a qualcosa di piú grande di cui non conosco il nome. Bisognerebbe saper interrogare le montagne per sapere quello che è stato.


giovedì 19 luglio 2018
Vi avevo parlato QUI di questo fenomeno!😂 Io persevero e le helgate continuano!😀 Sono fatta così, non posso farci niente, sono distratta e la memoria, ormai, non è più quella di un tempo!
Quindi se avete piacere di vedere cos'altro ho combinato, non vi resta che proseguire la lettura e farvi due risate 😂😂😂
L'altra mattina chiamo i miei zii che abitano a Bolzano, il telefono squilla e poi una voce d'uomo che da subito non mi suona familiare mi dice:"Carabinieri di Portogruaro"😲

Volevo avere riprova che l'apparecchio fisso funzionasse ed allora ho chiamato usando il mio cellulare. Ho sentito che il telefono squillava e ho riattaccato. Esco per una commissionee al mio ritorno vedo il display del fisso che lampeggia. Lo prendo trafelata, traffico per capire chi possa aver chiamato durante la mia breve assenza . Sbuffo tra me e me, perchè sono parecchio imbranata e alla fine riesco a risalire al numero che mi aveva cercato: il mio cellulare!😨

Magali ed io siamo tranquille nel nostro giardinetto, lei all'improvvisio si alza, salta il muro e io sto per seguirla, quando mi rammento del pc e della macchina fotografica in casa sul tavolo, allora mi precipito dentro, prendo le chiavi e chiudo la porta alle mie spalle, scavalco il muro e mi lancio all'inseguimento. Ci facciamo il nostro giretto, rientriamo, metto la chiave nella toppa, ma non gira. Mi sono venuti i sudori freddi, perchè già l'anno scorso sono rimasta chiusa fuori di casa, perchè si era bloccata la serratura. Insisto, nulla non accade nulla, poi distinto apro ... la porta l'avevo chiusa, ma non a chiave!😜 Certo che così pc e macchina fotografica erano al sicuro!😉

E proprio ieri ... ho preparato una ricetta con il lievito madre era tardi, non avevo voglia di infornare, così ho lasciato l'impasto tutta la notte, poi mi sono accorta l'indomani, rileggendo la ricetta, che le brioche andavano fatte lievitare tutta la notte,  ma già tutte preparate, non il composto tutto insieme 😑😲

Ed ora l'ultima, ma questa per me è una furbata! In commercio ci sono molti barattoli da usare come bicchieri, ma se hanno il coperchio hanno anche il buco per la cannuccia e io lo trovo inutile, perchè io amo mettere il ghiaccio, chiudere, shakerare e poi bere in tranquillità e con il buco sul coperchio non se po fa'. Allora ho semplicemente trovato dei barattoli di marmellata un po' alti (contengono 450 g di confettura, preventivamente pappata) e voilà il gioco è fatto e spesso ben chiusi e con i cubetti li porto anche sulla spiaggia o quando vado a leggere sulla panchina. Non pensate anche voi che sia una helfurbata?😊


mercoledì 18 luglio 2018
Io osservo, l'ho sempre fatto fin da quando ero piccola, anche quando sono in auto e percorro sempre la stessa strada guardo tutto con stupore, perchè, se ci riflettete, ci può essere sempre qualcosa di sorprendente. Spesso mi fermo ad osservare i passerotti che a dispetto di altri volatili, sono molto rapidi e immortalarli non è semplice. L'altro giorno ho fatto questi incontri, avevo un pochino più di tempo e sono riuscita a rubare questi scatti. E se volete ridere non perdete il post di domani!😉😂

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