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Magali
domenica 31 gennaio 2016
Torta della felicità - clementine e tofu
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pâtes et pattes |
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L’altra sera, stranamente in televisione, ho visto questo film
Sospeso tra fantasia e realtà: Odette Toulemonde, interpretata da Catherine Frot, è una donna comune, vedova con due figli ormai grandi, commessa in un grande magazzino, che vive in Belgio, lettrice accanita dei libri di Balthazar Balsan, interpretato da Albert Dupontel, da cui trae ottimismo e positività nei confronti dell’esistenza.
Lo scrittore, dopo aver scoperto il tradimento della moglie con il celebre critico letterario che stronca i suoi romanzi, si trova in tasca una lettera che Odette gli aveva consegnato nel corso di una presentazione del suo ultimo libro, leggendola scopre che lei, dopo la morte del marito avvenuta dieci anni prima, ha continuato a trovare la forza di vivere solo leggendo i suoi libri, allora Balsan decide di raggiungerla suonando alla sua porta e chiedendole ospitalità. Lei, sta preparando un dolce, gli apre e lui le chiede “Lei mi ama? Mi può ospitare?” e lei” Un attimo che mi si smontano le chiare dell’uovo!” .
Alla fine anche Balsan imparerà a ridere, a trovare il lato più fantastico e roseo della vita, perché Odette Toulemonde riesce a trovare sempre per lui la risposta giusta, gentile e a fargli veramente trovare “la ricetta della felicità”.
La vita non è perfetta, questo dolce non lo è, ma in entrambi i casi possiamo trarre gioia, felicità da quello che ci viene offerto, l’importante è saper guardare nella giusta direzione!
Questa ricetta è principalmente per le mie amiche del gruppo “le sbilanciate” simpatiche, ironiche, tenaci, io sono una persona, che mangia in un certo modo e non sento la mancanza di nulla, perché , in realtà, non mi privo di ciò che amo. Non sapete care amiche quanto vi pensi, sto facendo tante ricette buone, buone!
Questo è il periodo in cui sto sperimentando il tofu, che non mi piace molto, anche perché mangiato “solo” non sa assolutamente di nulla, invece, per me, ben “accoppiato” dà risultati soddisfacenti.
Ho fatto questo dolce, che è ottimo sia per colazione sia per accompagnare un bel tea, se dovessi rifarlo diminuirei la dose di zucchero, per me era un po’ dolce, per l’Ultradoppio andava benissimo.
Per gli amanti delle torte con la T maiuscola, questa non si pone certo l’obiettivo di sostituirla, ma, per me, e anche per l’Ultradoppio, che solitamente diffida, è una validissima alternativa ai dolci contenti grassi elevati.
Questa ricetta è della serie “chi si contenta gode”, perché ho fatto una ricerca leggendo le confezioni dei prodotti che avevo in casa, quindi quando la mangerete tenete presente che ogni 100 g di prodotto abbiamo:
burro = 739 kcal
burro alleggerito = 562 kcal
tofu = 142 kcal
Quindi capite anche voi la differenza e vi assicuro che il gusto è ottimo e rimane veramente morbida!
Torta della felicità - clementine e tofuIngredienti:
85 g di tofu (pacchetto da 100 g, ma privato del proprio liquido)
200 g di farina
50 g di fecola
3 albumi
100 g di zucchero
100 g di succo di clementine
½ bustina di lievito per dolci
per la composta:
1 mela renetta
1 mela golden
1 kg di clementine
1 cucchiaio di fruttosio
lievito vanigliato
Preparazione:
spremete le clementine, mettete da parte 100 grammi di succo. Mettete il succo restante e la polpa in una casseruola.
Pelate le mele, tagliatele a pezzi unitele al succo con il fruttosio e mettete sul fuoco, mettete il coperchio, fate raggiungere il bollore, abbassate il fuoco togliete il coperchio e fate cuocere adagio per un’oretta circa. Passate con il mixer per rendere la composta fluida, togliete dal fuoco e mettete in un vasetto.
Passate al mixer il tofu per renderlo cremoso, aggiungendo un po’ di succo di clementine.
Montate a neve ben ferma gli albumi.
In una terrina mettete il tofu ed aggiungete lo zucchero, poi pian piano la farina mescolata alla fecola e al lievito, in alternanza con il restante succo. Aggiungete, infine, gli albumi mescolando dall’alto verso il basso.
Imburrate lo stampo, infornate in forno preriscaldato a 180° per 45 minuti.
Sformate e fate raffreddare su una gratella, se desiderate spolverizzate con zucchero vanigliato e servite accompagnato dalla composta di mele e clementine.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
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lunedì 25 gennaio 2016
Catbell's Elgato soup
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pâtes et pattes |
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Siamo sempre più stordite e, a volte pigre, oltre questa avevamo altre due minestre da postare, ma il tempo stringe e Magali ha voluto prendere l’iniziativa, perché mi ha detto “Quando mi ricapita un’occasione del genere?”
Quindi con somma gioia eccola a partecipare all’MTC
Questo è dovuto anche al tema del mese scelto dalla mitica Vitto che, come vedete, ha coinvolto tutti, ma proprio tutti.
Reduce da 24 ore di mal di testa da suicidio, credetemi è stato terribile, mi capita spesso, ma a questo livello era un’esperienza che mi mancava … tutto ciò non ha fatto che avvalorare le mie convinzioni, traendo le seguenti conclusioni
Dai commenti che ci avete lasciato sotto la binestra, siamo felici, perché appaiamo una coppia solare ed è proprio così, non che la nostra vita non sia stata o non sia colma di preoccupazioni, ma veramente abbiamo reso nostro il detto di mia nonna Maria, classe 1888 (sì avete letto bene) che soleva dire “Solo alla morte non c’è rimedio!”. E se ci riflettete è proprio così, non è facile retorica, ma ad esempio avere la possibilità, il tempo, la testa, di poter pensare e preparare, anche solo, la ricetta per l’MTC, non è già un privilegio? E se, ci fermiamo a guardare, scrollandoci di dosso i suddetti affanni che tutti abbiamo, quante cose positive abbiamo? Tantissime, quindi non stiamo a guardare i pensieri, gli atteggiamenti, i possedimenti altrui, ma coltiviamo noi stessi, la nostra essenza, il nostro cervello solo questo ci potrà aiutare a vedere in ogni giorno, anche quello più nero, un attimo splendente.
Come potete ben vedere Magali ha creato la nuova linea Catbell’s, traendo solo una "leggera" ispirazione dalla famosa Campbell’s, e il nome della minestra (coniato dall'Ultradoppio) ha mille spiegazioni: contiene il mio nome, è creata da Magali (el gato), la preparazione contiene il tomato e alla fine capite che siamo allegre sì, ma anche folli! Alla fine questo è lo scotto che si paga a divedere l'esistenza con una gatta così eccentrica, magica e, soprattutto, positiva!
Catbell’s Elgato soupIngredienti per 6 persone:
200 g di lenticchie
½ cucchiaino di bicarbonato
un gambo di sedano
un pizzico di curcuma
un pizzico di cannella
zenzero grattugiato fresco
sale
pepe
olio extravergine di oliva
prezzemolo tritato fresco
passata di pomodori 200 g
1 cipolla bianca tritata
per le polpette:
180 g di carne macinata di vitello
50 g di piselli surgelati
1 scalogno piccolo
2 cucchiai di parmigiano grattugiato fresco
1 uovo
mollica di un panino
sale
Preparazione:
al mattino presto mettete a bagno in acqua tiepida con il bicarbonato le lenticchie, dopo averle controllate, per almeno due ore.
In una padella mettete un filo d’olio e fate soffriggere lo scalogno tritato, aggiungete i piselli, regolate di sale fate cuocere per 5 minuti.
Fate ammollare la mollica di pane in una ciotola con dell’acqua, strizzate bene e tritate grossolanamente.
In una terrina mettete la carne macinata, la mollica di pane, l’uovo, il parmigiano, i piselli, un pizzico di sale e mescolate bene tutto, quando il composto è ben amalgamato preparate le polpettine (circa 20 grammi l’una).
Tritate la cipolla con il sedano.
Scolate le lenticchie e mettetele in una casseruola, ricopritele di acqua ed aggiungete la cipolla, il sedano, lo zenzero, la cannella, la curcuma, la passata di pomodoro, salate e fate cuocere a fuoco lento. A metà cottura aggiungete le polpette e continuate la cottura mettendo il coperchio.
A cottura ultimata aggiungete un filo di olio, pepe e il prezzemolo tritato.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
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domenica 17 gennaio 2016
Contorno un po' diverso
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pâtes et pattes |
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Oggi è la festa del gatto, ma Magali, giustamente, afferma che qui per lei è sempre una goduria!
Visto che scrivo sul blog una volta la settimana, le cose da dirvi si ammucchiano ... nelle vacanze natalizie sono andata al cinema, ovviamente vicino casa mia, questo film che ci tenevo veramente molto a vedere
Bellissimo, ma, onestamente, non mi aspettavo fosse di una tristezza senza pari.
Estraniandomi dal senso di angoscia latente che mi ha pervaso, sono uscita, da questa visione, nettamente migliore. Mi sono sentita simile a quella cultura così differente dalla nostra, in cui l’essere conta più dell’apparire, in cui la pazienza, la delicatezza, la “lentezza”, la sensibilità, l’educazione sono valori fondamentali. L’importanza di ascoltare la natura, i messaggi di saggezza che è in grado di trasmettere uniti ad una gioia che si trasforma in forza vitale per affrontare l’esistenza. Le persone anziane sono ascoltate, dei loro consigli si fa tesoro. La trama è semplice, ma il film tocca veramente le corde più sottili dell’anima ed alla fine l’insegnamento della signora Toku, spinge il protagonista a liberarsi della tristezza e rassegnazione che albergano in lui ed a buttarsi nell’avventura della vita.
Tutto questo a noi è oscuro in questa nostra società in cui crediamo veramente che il possedere sia la cosa primaria, senza preoccuparci che la migliore ricchezza è data solo da noi stessi, da quello che possiamo apprendere nel corso della nostra vita, alla sensibilità che possiamo acuire solo attraverso il ritorno alle cose semplici. Questo film accresce veramente il desiderio di allontanarsi da tutto ciò a cui siamo abituati, ma la domanda che sorge spontanea è saremmo veramente in grado di resistere lontano dalle nostre abitudini?
Ed ora andiamo in cucina: ho scoperto che le patate dolci hanno la pasta di colore diverso, qui in Italia le trovo bianche, come quelle che ho usato in questa ricetta, mentre in Francia sono di colore arancio intenso. Praticamente non le mangio mai e proprio per questo motivo ho desiderato cucinarle. I ricordi risalgono a quando ero bambina le mangiavo semplicemente bollite oppure, non so se anche da voi, ci sono stai anni in cui si usava metterne una parte in acqua e dall'altra parte spuntavano delle foglioline verdi simili all'edera e rampicanti.
Estraniandomi dal senso di angoscia latente che mi ha pervaso, sono uscita, da questa visione, nettamente migliore. Mi sono sentita simile a quella cultura così differente dalla nostra, in cui l’essere conta più dell’apparire, in cui la pazienza, la delicatezza, la “lentezza”, la sensibilità, l’educazione sono valori fondamentali. L’importanza di ascoltare la natura, i messaggi di saggezza che è in grado di trasmettere uniti ad una gioia che si trasforma in forza vitale per affrontare l’esistenza. Le persone anziane sono ascoltate, dei loro consigli si fa tesoro. La trama è semplice, ma il film tocca veramente le corde più sottili dell’anima ed alla fine l’insegnamento della signora Toku, spinge il protagonista a liberarsi della tristezza e rassegnazione che albergano in lui ed a buttarsi nell’avventura della vita.
Tutto questo a noi è oscuro in questa nostra società in cui crediamo veramente che il possedere sia la cosa primaria, senza preoccuparci che la migliore ricchezza è data solo da noi stessi, da quello che possiamo apprendere nel corso della nostra vita, alla sensibilità che possiamo acuire solo attraverso il ritorno alle cose semplici. Questo film accresce veramente il desiderio di allontanarsi da tutto ciò a cui siamo abituati, ma la domanda che sorge spontanea è saremmo veramente in grado di resistere lontano dalle nostre abitudini?
Ed ora andiamo in cucina: ho scoperto che le patate dolci hanno la pasta di colore diverso, qui in Italia le trovo bianche, come quelle che ho usato in questa ricetta, mentre in Francia sono di colore arancio intenso. Praticamente non le mangio mai e proprio per questo motivo ho desiderato cucinarle. I ricordi risalgono a quando ero bambina le mangiavo semplicemente bollite oppure, non so se anche da voi, ci sono stai anni in cui si usava metterne una parte in acqua e dall'altra parte spuntavano delle foglioline verdi simili all'edera e rampicanti.
Alla fine ho cucinato questo piatto che si può benissimo abbinare a del riso bollito, delle uova strapazzate, del pollo, quindi ce n'è per tutti i gusti. Le patate dolci hanno, secondo me, il gusto della castagna e sono veramente buone!
Ingredienti :
500 g di patate dolci
300 g di zucchine
1 cipolla bianca grande
50 g di uva sultanina
Una tazza di tea nero
Prezzemolo tritato fresco
½ cucchiaino di cannella in polvere
1 pizzico di peperoncino
Olio di oliva
Preparazione :
mettete a macerare l’uvetta nel tea.
Pelate le patate e tagliatele a tocchetti.
Pulite le zucchine e tagliatele a pezzettoni.
Pulite al cipolla e tritatela.
In un’insalatiera mettete la cipolla tritata, le patate, le zucchine, le spezie, l’uvetta (strizzata e asciugata), il sale, aggiungete un pochino di olio e mescolate bene il tutto.
Trasferite le verdure in una pirofila, precedentemente unta, coprite con un foglio di alluminio, bucherellate con uno stuzzicadente e mettete in forno preriscaldato a 180° per un’ora circa.
Mescolate di tanto in tanto.
E come dice Magali « leccatevi i baffi ! »
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domenica 10 gennaio 2016
La binestra
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Nonostante tutto, ho deciso di iniziare quest’anno con uno spirito diverso. Tutto questo nasce da un film visto recentemente, che si svolge ai tempi della guerra fredda, in cui l’avvocato chiede al suo assistito, più volte nel corso dello svolgimento della storia, peraltro vera, se sia preoccupato e lui sempre gli risponde “A che servirebbe?”.
Questa semplice frase mi ha fatto riflettere ed ho deciso di adottare questo spirito, non ci crederete, ma ci sto veramente riuscendo, impegnandomi a non lamentarmi, a vedere sempre le cose positive, al non pensare al “peggio” che potrebbe accadere, ad essere più tollerante (voi non lo sapete, ma già da piccola ero soprannominata “il colonnello”, sono molto buona, ma ho un pessimo carattere) e vi assicuro che si sta notevolmente meglio. Complice di tutto ciò è anche Magali: ogni tanto la prendo, la strufugno (termine che ho scoperto pure inesistente), affondo le mani nella sua morbidissima pellicciotta e tutto questo aiuta!
Ora parliamo del motivo per cui state leggendo questo post: l’MTC
Il tema del mese proposta dalla Vitto, mi ha veramente sollevato il morale per una serie innumerevole di motivi, quindi vi propongo di mettervi comodi …
Il primo è che io, vivendo in una città fredda, in cui l’inverno è forse una delle poche certezze che ho, abitualmente preparo la minestra, la zuppa, che letteralmente amo molto, perché, per me, rappresenta il cibo della semplicità, del conforto che mi avvolge in una nube magica di invulnerabilità e, non ci crederete, quando parto per lavoro, nella mia borsa frigo non manca mai!
Il primo è che io, vivendo in una città fredda, in cui l’inverno è forse una delle poche certezze che ho, abitualmente preparo la minestra, la zuppa, che letteralmente amo molto, perché, per me, rappresenta il cibo della semplicità, del conforto che mi avvolge in una nube magica di invulnerabilità e, non ci crederete, quando parto per lavoro, nella mia borsa frigo non manca mai!
Il secondo è che, per svariate ragioni che non sto ad elencare per evitare che voi tutti carissimi lettori abbiate un abbiocco, avevo intenzione di lasciare l’MTC, poi il tema di questo mese mi ha risollevato lo spirito! Come avete ormai, ben compreso, un’altra certezza, oltre all’inverno, è che non siamo una gran coppia di cuoche, né io né la pelosotta, siamo degli assi ai fornelli, siamo impazienti, volatili, non competitive e chi più ne ha più ne metta, proprio per questo alcune delle ultime sfide, ci avevano un po’ scaricato le batterie e, invece, grazie alla Vitto (prendetevela con lei) siamo ancora qui a “rompere”!
Il terzo è che anche l’Ultradoppio, ama le minestre, e sono un’ottima alternativa alla pasta e, fatte in un certo modo, anche più dietetiche (non devo farmi sentire, perché lui non ha bisogno di dimagrire e tutti lo trovano un bell’uomo, io per la cronaca sono la simpatica!)
E ora arriviamo a questa minestra, forse l’unica, ma proprio l’unica caratteristica positiva che possiamo avere Magali ed io è quella di avere, ogni tanto, un po’ di fantasia, un particolare che ci distingue e questa volta avevamo desiderio di creare due gusti che non si mischiassero o meglio potessero farlo a discrezione del commensale.
Alla fine della lunga filippica, siamo contente di esserci, perché tutte/i voi carissime/i ci sareste mancati troppo, perché l’atto, apparentemente insignificante, di preparare la stessa pietanza, crea veramente un senso di appartenenza, uno spirito di gruppo che fa sentire ogni membro importante.
Ed ora ecco qui la nostra ricetta: la binestra, si mangia un cucchiaio di un gusto, uno di altro, se si preferisce si mischiano … perché “du gust is megl che uan', visto che Vitto è la vincitrice, abbiamo voluto celebrarla inserendo anche i tajarin, seguendo ovviamente una sua ricetta!!!
i tajarin della Vitto |
Ingredienti per 2 persone:
Per la minestra arancione:
300 g di zucca
200 g di carote
cipollotti (la parte bianca)
zenzero grattugiato fresco
sale
olio extra vergine
per la minestra verde:
la parte verde di un mazzetto di cipollotti
300 g di broccoli (solo le cime)
sale
olio extra vergine
Ingredienti per 4 persone:
Per i tajarin:
40 g di farina 00 + un po’ per infarinare il telo
2 tuorli di uovo (circa 36 g)
sale
pane integrale con LM (homemade H&M)
Preparazione:
per la minestra arancione: pulite le carote, la zucca e la parte bianca dei cipollotti, lavatele e tagliatele a pezzi.
Mettete le verdure in una casseruola con 100 cl di acqua, salate, mettete il coperchio e fate cuocere pian piano.
A cottura ultimata, passate al mixer, aggiungete lo zenzero e un filo d’olio, mescolate.
per la minestra verde: pulite i broccoli e lavateli, lavate anche la parte verde dei cipollotti e tagliateli a pezzi.
Mettete le verdure in una casseruola con 100 cl di acqua, salate, mettete il coperchio e fate cuocere adagio.
A cottura ultimata, passate al mixer, aggiungete un filo d’olio, mescolate.
I tajarin: rompete le uova separando i tuorli dagli albumi (che userete per altre preparazioni)
In una larga ciotola mettete la farina. Aggiungete i tuorli e poco sale e cominciate ad amalgamare con una forchetta, poi con le mani aggiungendo la farina tenuta da parte se necessario. Appena la pasta è amalgamata trasferitevi sulla spianatoia e continuate a impastare finché non avrete una bella palla dorata uniforme. Deve essere soda e non appiccicosa. Coprite con pellicola e fate riposare almeno un’ora.
Tirate la sfoglia ben sottile a mano o con la macchina al minimo spessore possibile.
Arrotolatela e tagliatela a mano, sottile pochi millimetri. Fate asciugare su un telo infarinato e poi lessate in acqua abbondante.
Tagliate il quartirolo.
Mettete la minestra verde in una scodellina e adagiatevi sopra i tajarin, spolverizzate con le noci.
Ponete la scodellina nel centro di un piatto e ponete intorno la minestra arancione decorando con il quartirolo.
Servite con pane casereccio.
E come dice Magali “leccatevi i baffi!”
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